Assalto all’informazione con il “codice Rocco” alla mano

Per un giorno qualcuno è riuscito a rubargli la scena. In Tv e sui quotidiani. Oscurando l’onnipresente vicepremier leghista. Solito occupare ogni spazio mediatico.  E a suo agio negli studi televisivi, più che nelle stanze del Viminale. Dove dovrebbe essere di casa. Un po’ più stabile. Non è stato Di Maio, l’altro vicepremier 5 stelle. In affanno di visibilità mediatica. E costretto a spararla, ogni giorno, più grossa. Con la “faccia feroce”. Per mostrare chi comanda in Italia. E chi conta di più nel Governo.

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Ci voleva Rocco Casalino per riuscire nell’impresa. Quello del Grande fratello. Ora a capo della comunicazione 5stelle. Oltre che portavoce del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.  Quell’ombra che si aggira a Palazzo Chigi. In attesa di disposizioni. Con qualche sortita di rappresentanza. Ogni tanto. Come a San Giovanni Rotondo, per i cinquant’anni dalla morte di padre Pio. O a New York per l’assemblea Onu. Godendo di qualche gratifica. Al pranzo offerto dal segretario generale Guterres, il suo posto era accanto a Trump. Privilegio grande. Forse, per affinità politica. Peccato che, all’assemblea, Trump non abbia fatto una bella figura. Una sonora risata generale ha sommerso il suo intervento. Come mai era avvenuto all’Onu. Eppure, stava semplicemente ricordando «di aver realizzato, in neanche due anni, più di qualunque altro presidente americano». In perfetta sintonia col “Governo del cambiamento”.

A Palazzo Chigi Casalino è arrivato con un curriculum di non poco conto. Non si sa se scelto dal premier Conte o “consigliato” dai 5 stelle. Concorrente al Grande fratello, laurea in ingegneria, poliglotta, “televenditore”, giornalista di emittenti regionali. Fino al grande salto nel Movimento 5 stelle e nella Casaleggio associati. La consacrazione. Con un potere ampio, in crescita. E, soprattutto, indiscusso. È lui a determinare le comparsate televisive dei grillini. Senza contraddittorio, naturalmente. Queste le condizioni per un pentastellato in studio. E i conduttori si adeguano. L’audience conta più della verità.Assalto all’informazione con il “codice Rocco” alla mano

Sono lontani i tempi dei talk show tabù. Da non frequentare. Pena l’espulsione dal Movimento. Com’è accaduto al  senatore Mastrangeli, per un’intervista di Barbara D’Urso. Cacciato via per violazione del “Codice di comportamento”. Decisione avallata col voto on-line sul blog del leader grillino. Una farsa da quattro click. Con un “Codice di comportamento” elastico. A convenienza. Come l’“obbligo flessibile” sui vaccini del Ministro della sanità, Giulia Grillo. E come tanti altri princìpi “irrinunciabili”. Rinnegati nel tempo. Caduto il tabù Tv, ora c’è l’invasione grillina degli studi televisivi. In ogni programma e rete. Una presenza asfissiante.  Con un ripetersi di slogan vuoti. Ancora da propaganda elettorale. E poiché l’appetito vien mangiando, non poteva mancare la conquista della Rai. E le direzioni delle reti assegnate a giornalisti di riferimento. Come in passato. Ma con una foga lottizzatrice da far impallidire quelli di prima. Gli stessi criticati, aspramente, per anni.

Nella comunicazione di Governo a dettare la linea è l’esperto Casalino. Con uno staff di trenta persone. E uno stipendio, oggetto di polemiche, di 169mila euro lordi. Soldi pubblici, dei contribuenti. Più di quanto guadagna il presidente del Consiglio: 114mila euro. Di Conte, ormai, “Rocco” è una sorta di “badante mediatica”. In tutto. Con una marcatura stretta. Una sorta di longa manus dei 5 stelle a palazzo Chigi. Fino al dubbio legittimo: chi dei due è il portavoce? E chi parla a nome di chi? Visto quel che conta Conte, “ostaggio” dei due vicepremier. E, forse, anche del suo stesso portavoce.

Tra le pieghe della politica, Casalino si muove a suo agio. Gli è rimasta, però, la logica del Grande fratello. Come se l’Italia fosse la “casa” dei concorrenti. Competizione aspra. Inganni, sotterfugi. E un risultato da ottenere a ogni costo. Anche eliminando gli avversari. Così, se non si trovano i soldi per il reddito di cittadinanza, scatta una “megavendetta”. Nessuno aveva mai osato tanto. Lo confida Casalino stesso a due giornalisti. Una confidenza da spacciare per “fonte parlamentare”. Un invito a barare. Sui dirigenti del Ministero dell’economia – annuncia – quelli «che proteggono il solito sistema», si scatenerà l’inferno. «Tutto il 2019 sarà dedicato a far fuori quei pezzi di m…».

Parole vergognose. Inaccettabili. Sufficienti al primo ministro per invitarlo a rassegnare le dimissioni. E a togliere il disturbo. Come avverrebbe in una democrazia seria. Ma il “difensore degli italiani” ha preferito tenersi il suo portavoce. Una sorta di sudditanza. Preoccupato più della diffusione “impropria” dell’audio di Casalino che del contenuto eversivo. Come dire che quando il saggio indica la luna, lo sciocco guarda il dito. Come se il problema fossero i tecnici del ministero, che non trovano i soldi. Che non ci sono. E non chi, sapendolo, ha fatto promesse irrealizzabili. Pur di vincere le elezioni. E andare, comunque, al Governo.

Ma la realtà è ben diversa. Né basta l’appello al popolo, ormai stucchevole, a cambiarla. Tanto meno un decreto per abolire la povertà. È la fiera degli annunci. Conditi di minacce. Ora sono i tecnici del Ministero dell’economia l’ulteriore “capro espiatorio”, su cui scaricare una politica fallimentare. Da dilettanti allo sbaraglio. Quasi fossimo il Paese dei balocchi. Con un’economia dei “puntini sospesi”. E i decreti “salvo intese”. Legiferando sull’onda delle emozioni. Sempre. Diceva Goethe: «Non c’è nulla di più terribile di un’ignoranza attiva».

Don Antonio Sciortino
Don Antonio Sciortino

Per lo stato maggiore dei 5 stelle Casalino è intoccabile. Anche per volere della Casaleggio associati. Copertura, però, che non lo salva dagli attacchi sulla rete. E, soprattutto, da un’ondata sarcastica. C’è chi lo chiama “Castalino”, ridicolizzando la presunta “diversità” grillina dalla “casta”. E chi, invece, interpreta “Casalino” come il diminutivo di Casaleggio. Ma a intervenire è anche l’Ordine dei giornalisti della Lombardia, cui Casalino appartiene. Un’istruttoria dovrà verificare «eventuali condotte non professionali». E, nell’eventualità, sanzionarle con la sospensione. O  la radiazione dall’Albo. A meno che, nel frattempo, il sottosegretario all’editoria, Vito Crimi, non abbia già abolito l’Ordine. Un pallino fisso di Grillo e dei 5 stelle. Da sempre. Ma ora  avrebbe il sapore della vendetta. Della rappresaglia.

Minacce che i giornalisti respingono  al mittente. «Credo che l’Italia democratica», ha detto Carlo Verna, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine, «debba reagire alla sola idea che si possa governare procedendo di vendetta in vendetta». E da parte loro, i vertici della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, hanno aggiunto: «I giornalisti devono pubblicare tutte le notizie, soprattutto quelle sgradite a chi governa, chiunque sia, perché in democrazia la funzione della stampa è quella di denunciare gli abusi di potere».

Al di là della propaganda, il Governo gialloverde è in affanno. Annaspa. Quasi su tutto. E di continuo. Eccelle solo negli slogan. Sempre eccessivi. Abrasivi. Ma, alla lunga,  controproducenti. Come a Genova. Dove la pazienza è finita. La gente è amareggiata. Disillusa da cinquanta giorni di promesse vacue. In mancanza di un commissario straordinario. E con un decreto legge, tanto sbandierato dal premier, pieno di “buchi”. Fasullo. Con puntini di sospensione e spazi bianchi alla voce “costi”. Per non dire dei “tempi” di ricostruzione. Di difficile previsione. Per incompetenza. E confusione mentale. Eppure, secondo il Governo, Genova sarebbe ripartita con un nuovo ponte, in soli otto mesi. Pura propaganda.

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Il tempo, invece, passa inutilmente. Tra una gaffe e l’altra. Una vera farsa, se non fosse per i 43 morti e le 258 famiglie sfollate. Che non potranno rientrare nelle loro case. Bisognose di tutto. E i genovesi irritati per i continui rinvii. Nel frattempo, il ministro Toninelli posa sorridente nello studio televisivo di Vespa, col modellino del ponte in mano. Uno squallore. Quello stesso ministro alle Infrastrutture che sproloquia su un «ponte multilivello e multifunzionale». Con ristoranti e negozi. «Dove le persone possono vivere, possono giocare, possono mangiare». Imbarazzante. Davvero inadeguato. Senza pudori. Ma questo è il “Governo del cambiamento”. Sarebbe meglio, però, un “cambiamento di Governo”. Se non fosse per un’opposizione allo sbando. Inesistente.

A Genova il Governo ha perso la reputazione. E anche l’immagine del Paese nel mondo ne è stata danneggiata. Il “tormentone” del ponte ci accompagnerà ancora per qualche anno. Per bene che ci vada. Purtroppo.

Antonio Sciortino
già direttore di Famiglia Cristiana e attualmente direttore di Vita Pastorale

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