Ipertensione: un killer silenzioso

MEDICINA  L’ipertensione arteriosa è una malattia molto diffusa nei Paesi industrializzati: in Italia si stima siano circa 10 milioni gli ipertesi noti, mentre una consistente fetta non rientra nelle statistiche perché la patologia può essere presente per lungo tempo senza dare alcun sintomo, ma al contempo causare progressive alterazioni a carico di cuore, cervello, reni, sistema vascolare fino a sfociare in patologie severe e invalidanti.

Recentemente sono state pubblicate le nuove linee guida dell’ipertensione arteriosa, sviluppate dalla Società europea di cardiologia in collaborazione con la Società europea dell’ipertensione, che hanno fornito nuove raccomandazioni per la prevenzione, diagnosi e terapia: abbiamo fatto il punto con Rosa Maria Iudica, in forza al reparto di cardiologia dell’ospedale San Lazzaro di Alba diretto da Antonio Dellavalle.

Quali sono i principali fattori che predispongono l’individuo all’ipertensione arteriosa?

«Alcuni sono controllabili: obesità, consumo di sale, fumo, alcol, sedentarietà, scarsa attività fisica, stress, contraccettivi orali nelle donne. Altri sono genetici e legati all’età e non possono essere controllati. Per i maschi vi è una maggiore incidenza fra i 35 e i 50 anni, per le femmine dopo la menopausa».

Ipertensione: un killer silenzioso
Rosa Maria Iudica, cardiologa in forza all’ospedale San Lazzaro.

Avere la pressione alta dà sintomi?

«L’ipertensione arteriosa spesso decorre senza sintomi, tuttavia potrebbero svilupparsi cefalea, vista doppia o offuscata, epistassi, difficoltà alla respirazione, dolore toracico, anomalie del battito cardiaco, sangue nelle urine e confusione».

Adriana Riccomagno

L’importanza della diagnosi precoce

Spiega la cardiologa Rosa Maria Iudica: «Si ha l’ipertensione  con una pressione che  per lungo tempo resta oltre il valore 140 su 90 oppure oltre 130 su 80 durante il monitoraggio nelle 24 ore e anche in caso di misurazioni domiciliari oltre 135 su 85. È molto importante la diagnosi precoce attraverso i programmi di monitoraggio destinati a tutti gli adulti sani; nel sospetto di elevazione della pressione la diagnosi deve essere eseguita mediante misure frequenti, meglio se rilevate a casa.Si può anche usare l’Holter pressorio che registra la pressione arteriosa durante una giornata intera. Il medico curante può anche prescrivere degli esami ematici e strumentali, in base alle evidenze riscontrate».

Rispetto al passato, le linee guida innovano sul fronte della terapia: «Una delle novità è che si è abbassata la soglia da cui iniziare la terapia antipertensiva, con un atteggiamento meno conservativo e attraverso una “terapia di attacco” che prevede due farmaci antipertensivi, meglio se i

n un’unica pillola, in concomitanza con interventi correttivi sullo stile di vita del paziente», spiega Rosa Maria Iudica.

Questi ultimi consistono in dieta iposodica, ipocalorica con controllo del peso, abolizione di fumo e alcol, attività sportiva non agonistica di tipo aerobico, da eseguire almeno tre volte a settimana e in rapporto ai gusti e alle possibilità. «La terapia farmacologica invece dovrebbe essere intrapresa nei soggetti con valori di pressione arteriosa compresi fra 140 su 90 e 159 su 99 che non vengono controllati dalla terapia dietetica e di attività fisica. In caso di rischio cardiovascolare elevato o valori ancora più alti i farmaci vengono usati subito e assieme alle misure dietetiche e comportamentali», spiega la cardiologa.

Quanto ai valori di pressione auspicabili, conclude la cardiologa Iudica: «La terapia antipertensiva dovrebbe essere finalizzata al raggiungimento di valori di pressione arteriosa sistolica inferiore a 140 in tutti gli ipertesi, compresi gli anziani con buon livello funzionale; negli adulti il valore deve essere inferiore a 130 ma non al di sotto di 120. Per la pressione diastolica, la cosiddetta minima, sono raccomandati valori inferiori a 80».

a.r.

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