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Non permettiamo che i nostri anziani siano trattati peggio d’un bagaglio in uno stanzino

Anziani
Foto di repertorio

LETTERA AL GIORNALE Gentile redazione, vorrei sottoporvi un problema che mi angustia da molte settimane: l’organizzazione delle visite agli anziani nelle case di riposo. Ormai si può viaggiare in aereo, in treno, in traghetto, in autobus, si può andare in spiaggia, in montagna, in piscina, in palestra… tutto è libero, solo i nostri anziani nelle case di riposo continuano a essere blindati.

La Regione ha scaricato sui direttori di Rsa e direttori sanitari la responsabilità di riaprire alle visite e la maggior parte ha deciso che continuerà a mantenere le case di riposo chiuse. Prima han fatto morire i nostri anziani di Covid-19 per imprudenza e superficialità, ora li fanno morire di solitudine per eccesso di prudenza e soprattutto per non incorrere in azioni legali da parte delle famiglie in caso di contagio.

Noi familiari paghiamo una retta ma non abbiamo alcun potere decisionale. Se fossimo in un albergo e venissimo trattati in questo modo prenderemmo le valigie e ce ne andremmo. I nostri anziani però non sono bagagli e loro sanno che non potremo portarli via, pertanto antepongono la salvaguardia di sé stessi al benessere dei loro ospiti. Il 14 luglio scade l’ordinanza regionale di chiusura; metà della stagione estiva, in cui si sarebbero potute organizzare visite all’aperto con scarsa probabilità di contagio, se n’è andata. Non vogliono farli morire soli in un ospedale, ma per noi familiari è come se fossero già morti: facciamo visite a una finestra che ci appare come una lapide dove vediamo i nostri cari come in una fotografia. L’ignavia di queste persone si ripercuote sui più deboli: anziani fragili, perlopiù non autosufficienti, legati alla vita solo dagli affetti che ricordano loro di essere padri, madri, nonni, zii…

Mi appello a tutti i responsabili politici e non, siate un po’ più coraggiosi e generosi, fate in modo che questa generazione di uomini e donne che hanno ricostruito l’Italia nel dopoguerra non debba subire ancora l’umiliazione di essere trattata peggio di un bagaglio: chiusi in uno stanzino per non farseli rubare. Firmo la lettera, ma se decideste di pubblicarla preferirei che il nome non comparisse: nelle case di riposo le ripercussioni per chi si lamenta sono all’ordine del giorno.

lettera firmata

Gentile signora, grazie per la sua testimonianza a favore di un’intera generazione che ha fatto il Paese. Come abbiamo dato spazio all’eroismo di tanti operatori nelle Rsa, è giusto che facciamo presenti le ragioni affettive di chi ci vive e dei loro parenti. Non per alimentare ritorsioni (in un Paese civile non dovrebbe succedere), ma per migliorare la situazione laddove è possibile in tempi di necessarie precauzioni.

g.t.

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