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A Cisterna la testimonianza di Aldo Liscia su fascismo e leggi razziali

A Cisterna la testimonianza di Aldo Liscia su fascismo e leggi razziali

CISTERNA Domenica 4 ottobre il castello di Cisterna ha ospitato l’incontro “Aldo, Villa Giulia e il fascismo”. In dialogo con Nicoletta Fasano dell’Israt ha portato la sua testimonianza Aldo Liscia, cavaliere della Repubblica per meriti scientifici, che durante la sua vita lavorativa è stato un punto di riferimento nel campo della sicurezza delle centrali atomiche, della produzione di energia e dello smaltimento delle scorie radioattive. Ricercatore del Cnen prima e dell’Enea poi, ha lavorato nelle prime centrali nucleari italiane. Liscia, nato nel gennaio del 1921, dopo una prima parte della vita trascorsa in una famiglia molto agiata si ritrovò a vivere sulla propria pelle l’esperienza delle leggi razziali del 1938, che lo costrinsero a riparare con la madre a Nizza per poter proseguire gli studi mentre il padre e i fratelli maggiori rimasero in Italia dove non gli fu più concesso lavorare. Riuscito ad arrivare in Svizzera nel ’41 solo e senza denaro riuscì non solo a sopravvivere, ma anche a terminare gli studi e laurearsi in Ingegneria chimica. Dopo la guerra tornò in Italia, dove ritrovò la famiglia sopravvissuta grazie all’aiuto di brave persone.

Cosa ha rappresentato per lei il fascismo nei primi 17 anni e che impatto ebbero le Leggi raziali sulla sua coscienza e formazione?

«Ho vissuto un’infanzia e un’adolescenza felici. Il fascismo non era un problema per me, facevo le cose che facevano i miei compagni. Non partecipavo al sabato fascista e le forze dell’ordine erano anche andate da mio padre per invitarlo a farmi andare».

Lei è un uomo di scienza. Perché parte dell’umanità ha continuamente bisogno di un’idea di diversità razziale?

«Purtroppo gli uomini sono spesso contro tutti. Tuttavia esistono casi diversi: tra il 1600 ed il 1700 Livorno era un luogo in cui vivevano senza problemi confessioni diverse. Questa cosa poi non si è più ripetuta. Tuttavia la ricchezza e lo splendore della città in quel periodo risiede proprio in quella capacità di tollerare e convivere».

Cosa crede dia vigore alla rivalutazione del fascismo in atto da più parti ed in diversi modi?

«Chi ha vissuto in quegli anni sa cosa significa il fascismo. Non c’era libertà, non si poteva fare nulla, nemmeno spostarsi liberamente. Purtroppo a volte la gente non ricorda: è meglio una pessima democrazia che un’efficiente dittatura».

Roberto Savoiardo

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