Il male nella società si batte con l’impegno verso i dimenticati

Il male nella società si batte con l’impegno verso i dimenticati 1

FILOSOFIA Il male affonda le sue radici nell’egoismo e chi lo commette spesso non se ne rende neanche conto, giustificando con falsi ideali ciò che fa; scriveva Hannah Arendt: «Chi commette il male non capisce cosa sta facendo a causa della sua inabilità a pensare dal punto di vista di qualcun altro». Quello che riusciamo a dire del male, come quanto si può dire e descrivere di Dio, è meno di quanto riesca ad articolare il balbettio di un neonato; certi però del fatto che «non è possibile contemplare senza terrore l’entità del male che l’uomo può fare e subire», come diceva Simone Weil. L’entità del male, che l’uomo può fare e subire, prescinde dalla circostanza storica in cui questa tremenda possibilità si mutua in realtà, infatti è sufficiente che ci sia la possibilità che il male si attui, perché si possa avvertire una lacerazione senza fondo.

D’altro canto, come non guardare indietro alla storia senza dover fissare lo sguardo sul male in quanto tale, con orrore e senza consolazione alcuna? Il rischio va ricercato proprio nel momento in cui nelle relazioni umane si perde il senso della misura; quando si dà valore illimitato a ciò che è limitato, allora non possono che maturare frutti di ingiustizia. Quando una cosa vale l’altra, tutto vale allo stesso modo e, dunque, nulla vale veramente. La vita stessa cessa di avere valore e la società contemporanea è in balia della dismisura.

Affermava Erich Fromm: «Un aspetto fondamentale della confusione oggi regnante fra gli esseri umani è la confusione in materia morale. L’uomo moderno resta preda impotente di forze poste sia dentro che fuori di lui, perché gli manca la fede in un qualsiasi principio, alla cui guida possa sottoporsi l’esistenza del singolo e quella della società». Questo comporta una perdita di equilibrio nelle relazioni tra uomo e uomo, tra l’uomo e le cose di questo mondo, tra l’uomo e Dio. Ed è proprio l’assenza di ogni gerarchia interiore ad aprire il varco all’avvento del male sociale. Scrive Simone Weil: «Le condizioni della vita moderna rompono ovunque l’equilibrio dello spirito e del corpo nel pensiero e nell’azione. La civiltà in cui viviamo, sotto tutti gli aspetti, schiaccia il corpo umano. Lo spirito e il corpo sono diventati estranei l’uno dell’altro. Il contatto è perduto». La vera sfida è riportare al centro dell’esistenza umana, dandone il giusto significato, le vere fondamenta di ogni comunità civile, che nell’epoca contemporanea sembrano vacillare: ordine, libertà, ubbidienza, responsabilità, uguaglianza, gerarchia, onore, punizione, libertà di opinione, sicurezza, rischio, proprietà privata, proprietà collettiva e verità. L’uomo dovrebbe vivere in un’assidua e costante tensione al bello, al giusto, al vero.

Però, come sostiene Weil, «nei nostri Paesi, ai nostri giorni, ci sono due veleni che si propagano. Uno è il denaro. Il denaro distrugge le radici ovunque penetra sostituendo a ogni altro movente il desiderio del guadagno. Vince facilmente tutti gli altri moventi perché richiede uno sforzo di attenzione molto meno grande. Nessun’altra cosa è chiara e semplice come una cifra».

L’altro veleno è quello di una cultura priva di radice: nel momento in cui l’uomo si lascia espropriare del proprio pensiero, la sua alienazione è completa e nascono così i mostri. Ma ciò che profondamente ha sradicato l’uomo moderno è la scomparsa della nozione di soprannaturale.

A differenza di ciò che accadeva nell’antica Grecia, l’era moderna ha smarrito la chiave per l’interpretazione simbolica dell’universo che è una metafora di Dio, in nome del «doppio culto dell’astrazione e della forza». Quindi la falsa idea di grandezza, la degradazione del senso di giustizia, l’idolatria per il denaro e l’assenza di ispirazione religiosa sono le vere radici di una civiltà violenta. Per Erich Fromm, «non è possibile comprendere l’uomo senza comprendere insieme i valori e i conflitti sociali. Se l’uomo intende riacquistare fiducia nei valori, deve conoscere sé stesso e stare per dir così dalla parte dell’uomo».

Per evitare, quindi, che nelle nostre società si verifichino ingiustizie, malvagità e soprusi alla dignità umana, non bastano i diritti perché essi possono essere un’illusione, se coloro che ne sono titolari non beneficiano di alcun interesse da parte di alcuno, ma il vero volto velato della democrazia è l’impegno morale in favore dei perdenti e dei dimenticati, degli ultimi. Un futuro migliore è possibile se, come ci ricorda papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti, verrà «modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana, per agire insieme e guarire dalla chiusura del consumismo, l’individualismo radicale e l’autoprotezione egoistica».

Walter Colombo

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