Il cantiere di Gaja fa discutere: per gli ambientalisti il versante è fragile

TREZZO TINELLA Pare un mondo in cui i potenti possono cementificare, sfruttare le risorse della terra e ingrandirsi. Eppure nel caso del cantiere che l’imprenditore del vino Angelo Gaja sta realizzando in alta Langa al Bric della torre – cresta che segna il confine tra Trezzo Tinella, Castino e Borgomale – la gente non è rimasta in silenzio. Gazzetta d’Alba ha pubblicato le fotografie del cantiere, che ha aperto la collina. Dopo l’articolo sono giunte molte prese di posizione.

Il sindaco di Trezzo Tinella ha risposto che il permesso edilizio è in linea con le normative, ma la giustificazione non ha convinto; mentre Gaja, interpellato di nuovo, preferisce tacere. Il luogo ha una straordinaria importanza naturalistica, ma anche storica e letteraria, terreno delle vicende raccontate da Beppe Fenoglio. Perché è stato permesso l’intervento? La questione ha spinto il consigliere regionale Maurizio Marello (si veda l’intervista qui sotto) a un sopralluogo al cantiere. La sua reazione è stata di grave sgomento.

Il cantiere di Gaja fa discutere: per gli ambientalisti il versante è fragile

In risposta al sindaco di Trezzo Tinella, Alberto Cerrino, è intervenuto anche Walter Boffa, geometra e attivista ambientale: «È vero che nell’area sono rispettati i parametri per l’edificabilità, ma si tratta di quelli introdotti dalle modifiche di fine 2019. Dopo un circoscritto studio geologico della zona, il Comune ha infatti rivisto la Carta di sintesi geomorfologica vigente e ha modificato la classe d’idoneità urbanistica di un’area del Bric della torre. Quindi, quello che è meno di un francobollo nella grande cartografia è passato, con una modifica “chirurgica”, dalla classe III-A (non fabbricata e non fabbricabile) alla classe II (a rischio moderato e fabbricabile). Il tutto è stato possibile attraverso la rettifica della linea di perimetrazione (quella cheindividua le classi e delimita nel contempo le zone di pericolo), che per qualche decina di metri formava, nella precedente cartina, una specie di grande ansa.

La modifica è stata menzionata dallo stesso sindaco nelle parole riportate da Gazzetta d’Alba».
Prosegue Boffa: «Vista la fragilità di tutto il versante, che presenta grandi e ampi movimenti franosi e anche fratture recenti, ed essendo la struttura in progetto di rilevante dimensione, mi sarei aspettato che Comune e Regione, che sono gli enti che hanno rilasciato i permessi, avessero, per doveroso quanto necessario scrupolo, effettuato ulteriori verifiche tecnico-geologiche, estendendole anche a tutta l’area circostante, per avere il quadro completo dei rischi. Una questione così delicata e importante lo avrebbe richiesto, come anche il parere della Commissione per il paesaggio».

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In altre parole, ad avviso di Boffa, la questione non risiede solo nel rispetto dei parametri burocratici, ma nella motivazione che ha consentito l’edificazione. Rimangono le betoniere, le ruspe e il metallo, i cumuli di terra rialzata al posto di un luogo simbolico in cui avrebbero potuto esserci, come da sempre, campi e alberi. In un paesaggio già dominato dalla monocoltura intensiva e in cui i boschi appaiono sempre più rari, in un momento in cui il pianeta avrebbe bisogno di ossigeno e non di ulteriore antropizzazione, si tratta di una storia che accende gli animi, inducendo le persone a resistenze. Non si tratta solo di obiezioni rispetto all’edificazione, ma anche al silenzio assordante di alcune istituzioni che dovrebbero prendersi cura della casa comune.

Matteo Viberti

Marello: «Non ho gioito affatto quando ho visto il gigantesco scavo in collina»

Maurizio Marello, consigliere regionale ed ex sindaco di Alba, a fine marzo ha effettuato un sopralluogo nel cantiere Gaja, di cui parliamo qui sopra. Ha poi spiegato a Gazzetta d’Alba: «Ho sempre gioito nel prendere atto di nuovi investimenti e di nuove iniziative imprenditoriali; la creatività e la capacità innovativa sono nel Dna degli imprenditori della nostra terra e questo è qualcosa di cui andare fieri. Ma sabato scorso, quando mi sono recato in Langa in direzione di San Bovo e ho visto di persona un cantiere di proporzioni mastodontiche (mi si dice di circa 50mila metri quadrati) non ho affatto gioito. Vedere un luogo che era ancora sostanzialmente incontaminato, un versante dolce del nostro territorio – ancor più significativo perché teatro della narrazione fenogliana – così profondamente ferito, mi ha lasciato di stucco». Aggiunge Marello: «Le colline di Langa sono belle e uniche proprio perché geologicamente fragili, vulnerabili, spesso instabili e per questo vanno “trattate” con particolare riguardo e rispetto. Sta in queste caratteristiche la loro forza evocativa, la loro unicità ambientale e paesaggistica. Certo, mi si risponderà che quel cantiere è legittimato da tutte le autorizzazioni del caso (e ci mancherebbe ancora!) e che il gigantesco scavo odierno, una volta riempito di cemento, verrà chiuso e il manufatto mitigato nel suo impatto ambientale. Ma la ferita non verrà meno. Anzi, rimarrà per sempre, semplicemente perché quello, a parer mio, non è il luogo idoneo a ospitare un intervento edilizio di tale portata. Abbiamo la fortuna di abitare una terra particolarmente bella, vocata, peculiare. Proprio per questo, come cittadini, imprenditori, amministratori pubblici, ciascuno nel proprio ruolo, abbiamo il dovere di viverla e custodirla nel migliore dei modi. Quando non lo facciamo la sconfitta è di tutti; è di un territorio intero. Per questo motivo sabato scorso non ho gioito affatto».

m.v.

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