ISTRUZIONE Oltre il velo di grigiore e le difficoltà sociali, sanitarie e umane provocate dalla pandemia, buone notizie arrivano dalle “fucine di futuro”: le università. Formazione è sinonimo di progettualità, semi che iniziano a germogliare e lasciano un’impronta nelle vite degli studenti. Nel momento più buio, gli atenei piemontesi vanno verso nuova vita , un buon segnale sostenuto dai dati: la comunità studentesca regionale cresce da quindici anni; alla base del fenomeno la capacità di attrazione dei poli universitari per ragazzi di altre regioni e Stati esteri.
Giovani che tendono a rimanere nelle nostre città anche dopo la laurea, come spiegano Federica Laudisa, Daniela Musto e Alberto Stanchi, i ricercatori di Ires autori dello studio Dieci numeri sul sistema universitario in Piemonte. «A cinque anni dal conseguimento del titolo, un terzo dei laureati lavora oltre i confini regionali. Tra i ragazzi piemontesi la percentuale scende al 20 per cento». Sono 126mila gli iscritti ai corsi di laurea di tutti gli atenei: la maggior parte degli studenti si concentra nell’area metropolitana; da sola l’Università di Torino conta 77mila presenze, il Politecnico 34mila. Ci sono poi i 14mila iscritti del polo del Piemonte orientale (con sede a Vercelli, Novara e Alessandria) e i 470 del corso di scienze gastronomiche di Pollenzo, l’unico a non essere statale. Un grande “popolo” nel quale si contano quasi 40mila giovani originari di altre regioni: un dato più che triplicato negli ultimi quindici anni. Bisogna considerare anche l’attrattiva esercitata sugli studenti stranieri, 10.600 nell’anno accademico 2019-20, pari all’8,5 per cento del totale: una quota che colloca il Piemonte ai primi posti in Italia, al di sopra della media nazionale (ferma al 5,2) e quasi in linea con quella europea, pari al 9 per cento.
Spiegano i ricercatori: «I timori di una ricaduta negativa del Covid-19 sulle immatricolazioni c’erano, ma il sistema ha retto bene. I nuovi studenti sono 24.800, il 5 per cento in più rispetto all’anno scorso. I numeri del post laurea mostrano segni di miglioramento: nel 2020 il 69 per cento di chi ha concluso il percorso ha trovato occupazione a un anno dal titolo, contro il 66 dell’anno precedente». Insomma, se il presente ci appare appiattito su linee di urgenza, sgomento e sopravvivenza, il futuro sembra scalpitare.
Sara Elide