Conflitto e sanzioni creano grosse difficoltà alle imprese del Cuneese

Nel 2020 le esportazioni della Granda sfiorano quota 7,9 miliardi ma sono calate del 6,9%

ALBA Che impatto potrebbe avere il conflitto in Ucraina sull’economia cuneese? All’interno dello scenario nazionale e internazionale, ogni territorio si è attivato per comprendere ciò che sta accadendo e valutarne i possibili effetti. A maggior ragione, una provincia come quella di Cuneo, che vanta un comparto industriale e agroalimentare caratterizzato da un forte export.

Confindustria Cuneo, oltre a essersi attivata con il suo ufficio internazionale per dare supporto alle aziende associate che sono presenti o hanno rapporti con l’Ucraina, ha anche quantificato il valore dei movimenti economici tra la provincia e i due Paesi in guerra. Secondo i dati del Centro studi di Confindustria, si scopre che nei primi nove mesi del 2021 la Granda ha esportato merci per 122,2 milioni di euro verso la Russia e 35,4 milioni verso l’Ucraina, a fronte di un import rispettivamente da 9,4 milioni e 3,2 milioni.

«Si tratta di un interscambio ancora limitato, pari al 2,5 per cento del totale dell’export provinciale, ma in forte crescita: se guardiamo alla sola Ucraina, rispetto al 2019, l’export è cresciuto del 97 per cento e le importazioni del 27 per cento», spiegano dal Centro studi.

Quali sono i settori maggiormente al centro degli scambi?

«Il 47,2 per cento delle esportazioni cuneesi verso l’Ucraina  e il 48,6 per cento verso la Russia riguardano prodotti delle industrie alimentari. E, in particolare delle bevande». Seguono i prodotti meccanici e i macchinari, i mezzi di trasporto e la gomma plastica.

Per il presidente degli industriali cuneesi Mauro Gola, «il conflitto bellico e le sanzioni da esso innescate possono creare grossi difficoltà alle imprese che guardano verso quei mercati, oltre al fatto che tutte le nostre aziende sono esposte alle conseguenze del temuto ulteriore rincaro dei costi dell’energia e delle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime».

Abbiamo chiesto il punto di vista di alcuni imprenditori presenti sui mercati internazionali, come Carlo Gai, dell’omonima azienda di Ceresole: «La Russia rappresenta al massimo il 3 per cento del nostro fatturato e non si tratta quindi di uno dei principali mercati. Questo non esclude conseguenze. Per esempio, in questo momento dovevamo partire con la realizzazione di due linee, per un fatturato di 600mila euro: non riusciamo ad avere chiarimenti dai nostri contatti in loco e non sappiamo se il lavoro andrà a termine. Per fortuna, sul fronte del caro energia, siamo del tutto autosufficienti come azienda».

Guerra in Ucraina: leggli tutti gli articoli

Verso l’Est viaggiano anche i vini italiani

C’è da temere ripercussioni anche per l’export delle etichette di Langhe e Roero?

Matteo Ascheri, presidente del Consorzio del Barolo, rassicura: «Non è uno dei nostri mercati strategici, perché la Russia è sempre stata piuttosto altalenante. Per una questione di prezzi, l’export dei vini italiani riguarda soprattutto gli spumanti».

Francesca Pinaffo

Banner Gazzetta d'Alba