8 marzo, reinventarsi come italiane

8 marzo, reinventarsi come italiane
Rabena Halimi

LA STORIA Sono circa 140 le donne straniere che studiano in questo momento al Cpia di Alba: molte sono nordafricane, ma non mancano nazionalità diverse, dall’Est Europa all’Asia. Proprio in nome di questa varietà di culture che ogni giorno si incontrano nei corridoi della scuola, il preside Gianni Sergio ha inteso ricordare la giornata dell’8 marzo con una nota, per parlare delle disuguaglianze e dei drammi che le donne di tutto il mondo continuano a vivere, ma anche per invitare tutti a fare la propria parte per costruire un futuro migliore.

Nella scuola per l’istruzione degli adulti, in parte già accade, perché imparare l’italiano è il primo passo per essere autonome. Spiega la docente Maurizia Bazzano: «Sempre più spesso si iscrivono da noi donne con profili professionali elevati e con titoli di studio che purtroppo non sono spendibili in Italia: se non hanno la fortuna di lavorare da remoto, devono ricominciare dallo studio della lingua, altrimenti hanno poche occasioni, a meno che non scelgano di cambiare del tutto ambito».

Maria Luisa Aguila, per esempio, è di origini filippine. È arrivata ad Alba lo scorso dicembre, insieme al marito Mattia, che è invece nativo della zona. «Vivevo a Manila: devo dire che passare da una metropoli a una città così tranquilla è stato un cambiamento drastico, ma sono felice: dal momento che in parte devo ricominciare da capo, imparando la lingua, trovarsi in un ambiente meno caotico rappresenta un vantaggio», dice. Maria Luisa ha sempre lavorato come manager, a contatto con grandi aziende internazionali: «Per fortuna, ho la possibilità di continuare a portare avanti il mio lavoro a distanza, così da non fermarmi, anche se questo cambio di vita mi ha fatto riflettere: mi piacerebbe insegnare nella scuola italiana, magari come docente di inglese».

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Maria Luisa Aguila con il compagno Mattia

A proposito della condizione della donna nelle Filippine, prosegue Maria Luisa: «Nel contesto della metropoli, le donne hanno possibilità di fare carriera, anche se esistono gli stessi ostacoli di cui si parla nel resto del mondo. Il mio è un Paese con forti differenze interne: ci sono zone, soprattutto quelle a religione musulmana, dove i diritti non sono altrettanto garantiti».

Nittaya Penkun, 37 anni, è invece originaria di Bangkok, metropoli thailandese da oltre 10 milioni di abitanti. Da sette mesi, vive a Mussotto insieme al marito, che lavora per un’azienda della città. Ha un figlio di 10 anni. Anche lei si esprime soprattutto in inglese: «Lavoravo nel marketing e mi trovavo molto bene. Da quando sono arrivata in Italia, mi sono presa una pausa: voglio imparare la lingua, per poi decidere». Per quanto riguarda il trasferimento, commenta: «Mi trovo bene, così come mio figlio. Se devo trovare un lato più critico, mi manca il confronto con le altre persone: se non si parla bene l’italiano, è abbastanza difficile relazionarsi, ma in generale mi sono sentita accolta, nonostante queste difficoltà».

Insieme a loro, conosciamo anche Rabena Halimi, che è originaria del Kosovo, ha appena 18 anni ed è arrivata ad Alba cinque mesi fa, insieme al marito, che è di origini albanesi e già viveva nell’Albese per lavoro. «Se mi manca il mio Paese? Sì, molto, soprattutto i miei genitori, ma ad Alba mi sono ambientata bene», dice. Il merito, per lei, va soprattutto allo sport: «Ho sempre giocato a pallavolo e sono entrata in una squadra di Gallo, che gioca in serie C. Sono stata fortunata, perché in questo modo sono da subito riuscita a crearmi una rete di amicizie e conoscenze».

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Nittaya Penkun

Oltre allo sport, il sogno di Rabena è studiare economia all’università, ma anche per lei prima è fondamentale imparare l’italiano. Sulla condizione delle donne in Kosovo, Rabena spiega: «Prima della guerra, la situazione era molto diversa, come nel resto dell’Est Europa. Oggi le ragazze hanno le stesse possibilità dei ragazzi, anche se permangono alcune criticità. Un segnale importante, lo scorso anno, è stata l’elezione di un capo di Stato donna».

Al Cpia incontriamo anche Gabriela Antonovska, 45 anni, arrivata ad Alba dalla Macedonia sei mesi fa, insieme al figlio di 10 anni. «Siamo partiti per ricongiungerci con mio marito, che lavora come autista in zona. Ora, finalmente, siamo di nuovo tutti e tre insieme», racconta. Gabriela ha lavorato per più di dieci anni come insegnante nel suo Paese: «Mi piaceva molto il mio lavoro, ma so di non poterlo esercitare qui in Italia: in questo momento, sto imparando l’italiano, per capire quale strada intraprendere. Se sarà necessario, sono disposta anche a muovermi in un settore diverso. Non è facile cambiare la propria vita, ma a volte è necessario e bisogna mettersi in gioco», conclude la donna.  

Francesca Pinaffo

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