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Vite e bosco, l’alleanza necessaria

Vite e bosco, l’alleanza necessaria

AGRICOLTURA Un momento di riflessione è quanto Treiso ha promosso il 20 febbraio al centro culturale intitolato a don Giuseppe Flori. Il titolo dell’incontro, “La simbiosi tra viticoltura e tartufo”, era tutto un programma e illustrava l’idea, o meglio la speranza, che il mondo del vigneto e quello della trifola (ovvero del bosco) si incontrino per progettare il futuro di entrambi.

Ad animare il confronto sono stati chiamati un naturalista, Edmondo Bonelli, e un trifolao, Carlo Marenda, che insieme hanno varato l’iniziativa “Save the truffle”. È stata l’occasione per raccogliere alcuni stimoli che vorremmo far diventare vere e proprie riflessioni.

La simbiosi è già nei fatti. Anche se non sempre i loro protagonisti se ne rendono conto, il mondo del vino e del tartufo giocano già in ruoli interdipendenti in vari ambiti. Lo fanno sul piano territoriale: entrambi valorizzano la realtà piemontese (dell’Albese in particolare) e portano risultati in termini di immagine ed economia. Lo fanno sul piano turistico per l’attrazione che sanno generare verso i visitatori di tutto il mondo. Lo fanno sul piano culturale per l’identità che hanno dato all’area e per gli stimoli che hanno prodotto verso il mondo dell’arte in tutte le sue declinazioni. Lo fanno sul piano gastronomico per il contributo che regalano alla qualità della cucina di Langhe, Roero e Monferrato. Sul piano del suolo entrambi traggono grandi vantaggi dal terreno calcareo che è il denominatore comune del vigneto e del bosco.

Ci vorrebbe una collaborazione più completa. Fin qui, gli aspetti positivi dei legami tra vigneto e bosco. Al loro fianco ci sono i contrasti, i dubbi, le diffidenze, i timori che spesso fanno camminare paralleli questi due mondi, senza incontrarsi mai.

Eppure vino e tartufo potrebbero camminare insieme, lavorare a uno sviluppo condiviso, dialogare per costruire un futuro sostenibile.

Il vigneto ha bisogno del bosco e il bosco ha bisogno del vigneto. Ma il vigneto ha bisogno di avere a fianco un bosco fatto di piante autoctone, ben coltivate, con un proprio spazio vitale. In altre parole, un bosco gestito, non di ammassi incolti di specie spontanee che infestano il territorio. Quelli che chiamiamo rivass sono accozzaglie di acacie, rovi, sambuchi, noccioli selvatici, canne, o specie infestanti più recenti come l’ailanto che non sono funzionali a un futuro positivo del territorio. Sono solo la degenerazione di un mondo naturale che non promette nulla di buono, né per il vino, né per il tartufo.

Per la vite sono spazi a disposizione di parassiti come la flavescenza dorata, che al vigneto sta procurando danni gravi. Per il tartufo sono la negazione dello spazio ideale per la sua rigenerazione.

E se adottassimo un bosco? La vite non può diffondersi sulle nostre colline all’infinito, mettendo sempre più in minoranza gli spazi dedicati al bosco. Ci vuole uno sviluppo più razionale e armonico, perché un bosco sano e ben tenuto significa biodiversità. E attraverso una biodiversità ricca e sana lo sviluppo, anche del vigneto, corre su binari più sicuri.

Piantiamo una vite in meno e dedichiamo un metro in più al bosco, alla coltivazione di alberi, anche solitari, nei vigneti e ai loro fianchi. Sarebbe anche un modo concreto per ringraziare questa terra per aver donato una viticoltura generosa e un tartufo così affascinante.

Perché ogni produttore vitivinicolo non potrebbe adottare un bosco, farlo crescere in salute, farlo diventare lo spazio ideale per generare altri tartufi da portare sulle tavole di questa regione come ulteriore attrazione per un turismo del gusto ispirato non solo alla propria gratificazione, ma anche al rispetto dell’ambiente e alla sostenibilità?

 Giancarlo Montaldo

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