Abitare il piemontese: la parola di questa settimana è Bagné (annaffiare, bagnare, intingere, inumidire, inzuppare)

Abitare il piemontese: la parola della settimana è Ciamé

ABITARE IL PIEMONTESE Chissà quanti hanno già provato a far ripetere a un interlocutore: doi povȓon bagnà ant ȓ’euȓi! Chi ne è rimasto soddisfatto? Pochi, forse nessuno, a causa per la particolare erre palatale debole, detta anche fricativa, dominante in questa frase. È difficile replicare quel suono unico e antico che stabilisce un’identità inconfondibile tra Langhe, Roero e Monferrato: o lo si impara da bambini o niente. Parliamo di una parola contenuta nella famosa frase: bagné. L’origine è il latino balneare (bagnare), denominale di balneum (bagno), ma ciò che interessa del verbo piemontese sono i molteplici significati che assume. Bagné vuol dire bagnare nell’accezione italiana, ma prende anche il significato di annaffiare (bagné ȓ’òrt, annaffiare/irrigare l’orto); l’azione avviene con uno strumento chiamato bagnur (annaffiatoio). Bagné ëȓ pan significa inzuppare il pane; bagné ra piuma (intingere la piuma nel calamaio); bagné ‘nt ȓ’euȓi (fare il pinzimonio); bagnesse ‘ȓ bèch (bagnarsi il becco), ma in realtà significa bere.

La tradizione culinaria piemontese annovera due parole derivanti da bagné, quali bàgne e bagnèt, salse e intingoli di varia entità! C’è poi quel modo di dire bagné o nas (bagnare il naso), utilizzato per dire di essere migliori di qualcuno o comunque averlo superato. Era usanza delle scuole di un tempo: lo scolaro che ne sapeva più del compagno veniva invitato dal maestro a inumidire all’alunno ignorante la punta del naso con il dito bagnato di saliva. Questa abitudine pare collegata addirittura al diritto normanno, in cui si espiava un’ingiuria tirandosi il naso: Quod si tali convicio querela fuerit procreata ed querelatus taliter emendare quod nasum suum digitis per summitatem tenebit et sic dicet “ex eo quod vocari te latronem, omicidam, etc… mentitus fui” et hoc solemptiter debet fieri in assisiis vel in ecclesia die solemnii (ché se da tale oltraggio sia nata una querela e il querelato sia stato confesso o ritenuto colpevole per vergogna corporale deve in tal modo riparare e cioè terrà con le dita il suo naso in punta e dirà così: «per il fatto che ti ho chiamato ladro, omicida, ecc… ho mentito, e questo deve avvenire solamente nelle assise o in un’assemblea del popolo in un giorno solenne».

Paolo Tibaldi

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