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Il sogno di Susenna, trovare l’acquedotto di Alba Pompeia

Il sogno di Susenna, trovare l’acquedotto di Alba Pompeia
In una foto d'archivio, Sergio Susenna con Roberto Ghiglia in uno scavo alla Moretta

MORETTA Durante la festa della Moretta si riprende parzialmente la tradizione del pellegrinaggio verso il santuario, con le parrocchie cittadine impegnate ad animare le Messe settimanali. Come ha spiegato il parroco, don Lino Mela, «il nostro resta l’unico santuario della città e uno dei pochi della diocesi. Fino al primo dopoguerra era ancora meta di pellegrinaggi, poi, pur agglomerando parecchie persone, la tradizione si è persa».

Per ripercorrere la storia del rione, uno degli studiosi più affermati è Sergio Susenna, maestro in pensione e collaboratore per anni del museo Eusebio. È lui l’autore del libro che riporta la collezione di ex voto conservati al santuario albese dal titolo La Moretta. Un borgo, il santuario e i suoi ex voto. Susenna spiega: «Rimangono tracce della devozione popolare con l’attuale chiesa, edificata nel 1908 su un preesistente pilone, con la chiesa di Santa Margherita e il pilone di San Giuseppe in corso Enotria. È del tutto scomparso invece il pilone di Sant’Anna, che dal catasto napoleonico risulta nei pressi dell’attuale negozio di Canonica».

Ora, attraverso i documenti dell’archivio Susenna, la comunità Valle Cherasca ha intenzione di realizzare un pannello incentrato sui luoghi di devozione, da posizionare nel cortile di Santa Margherita. A tale proposito, Roberto Poggi, fondatore del gruppo con Alessandro Proglio, commenta: «Si tratta di un progetto ampio, che prevede l’installazione di diversi cartelloni lungo il corso del torrente, con informazioni su storia, fauna, flora e geologia».

Il sogno di Susenna è però un altro: riportare alla luce l’acquedotto romano di Alba Pompeia. Afferma il maestro: «Esiste, basta scavare e seguire il flusso del torrente Cherasca e l’attuale corso Cortemilia. Ne sono state trovate tracce in cortili di numerose abitazioni. I pozzi di captazione, poi, sono rimasti gli stessi, ampliati negli anni Trenta dalla ditta Barberis. Conosco bene il funzionamento di un acquedotto romano: ho visitato i principali d’Europa e mi sono documentato su pubblicazioni specialistiche». Non va tralasciata, poi, «la parte del Neolitico, con il gruppo di volontari del museo Eusebio portammo alla luce parecchi reperti interessanti. Oggi, purtroppo, le attività della sezione archeologica si sono praticamente fermate».  

Davide Barile

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