Crisi in agricoltura, la Cia si mobilita a Roma

Cia nazionale si mobilita a Roma per chiedere al Governo un piano strategico e di prospettiva che metta al centro l’impresa agricola e il suo reddito.

Crisi in agricoltura, la Cia si mobilita a Roma

AGRICOLTURA Dal campo alla tavola i prezzi crescono in media di tre cifre. Dice il presidente provinciale di Cuneo, Claudio Conterno: «Bisogna ridistribuire il valore con costi certificati di produzione e prezzi di vendita adeguati».

Cia lancia il grido di allarme per la crisi preoccupante che sta attraversando l’agricolturaOggi, giovedì 26 gennaio, si è svolta la mobilitazione promossa a Roma dalla Cia nazionale per chiedere al governo un piano strategico e di prospettiva che metta al centro l’impresa agricola e il suo reddito. Alla manifestazione ha aderito anche Cia Cuneo. Sottolinea il presidente provinciale, Claudio Conterno: «Negli ultimi anni, tra le attività produttive l’agricoltura è stata quella più esposta a fenomeni ed eventi epocali per portata e conseguenze: la crisi energetica; gli effetti della guerra in Ucraina; le emergenze climatiche e fitosanitarie. Ormai, in tutti i settori le imprese agricole, oltre a subire il peso dell’inflazione, del clima e delle sfide della transizione green, non riescono più a coprire i costi di produzione. Risulta, perciò, evidente, come la ripartizione delle risorse all’interno delle singole filiere non sia equa ed equilibrata. Nell’agroalimentare i produttori agricoli sono l’anello debole del sistema. Bisogna ridistribuire il valore con costi certificati di produzione e prezzi di vendita adeguati».

I numeri della crisi del comparto rurale a livello italiano sono allarmanti. L’impatto dell’impennata dei prezzi pagati dagli agricoltori è di 9 miliardi di euro, con le spese  medie per azienda aumentate di 16mila euro. L’incremento del costo del gas e dei fertilizzanti è stato del 200 per cento. Le stime del reddito netto delle aziende è sceso del 60 per cento, con un più 30 per cento delle stesse che lavorano in perdita.

L’ortofrutta ha subito un calo del 40 per cento della produzione, con un aumento dei costi del 200 per cento. Il vino ha avuto un meno 12 per cento medio di produzione, sotto i 44 milioni di ettolitri nel 2023 rispetto ai 50 milioni del 2022. Perdendo il primato mondiale a favore della Francia. Nel comparto cereali l’aumento dei costi ha raggiunto un più 40 per cento. Per il frumento duro c’è stato il calo del 40 per cento della produzione e un prezzo di vendita all’origine poco al di sopra dei 300 euro a tonnellata con un crollo medio del 40 sul 2022. Il frumento tenero ha subito un meno 37 di produzione: la stessa percentuale in discesa del prezzo di vendita. La carne bovina ha avuto una flessione produttiva nel primo trimestre 2023 del 30 per cento, quella suina del 6,5. Gli allevamenti suinicoli quest’anno sono scesi dell’8 per cento: dinamica che conferma una tendenza già in atto dal 2018 con un meno 28 in cinque anni. Inoltre, la peste suina africana sta mettendo a serio rischio il settore a livello nazionale: 11 miliardi di euro di valore; 70mila occupati e 2.700 aziende. Per quanto riguarda il latte le consegne in Italia, nel periodo gennaio-aprile 2023, sono diminuite del 2,6 per cento a causa dei costi di produzione troppo alti.

Dicono alla Cia: «In un silenzio assordante il sistema agricolo nazionale perde quote e nessuno sembra accorgersene. Di fronte alla fiammata del carrello della spesa alimentare, i prodotti agricoli simbolo del Made in Italy hanno visto crollare i prezzi. Una situazione paradossale che impone un cambio di passo da parte delle Istituzioni per tutelare gli agricoltori e il loro reddito lungo la filiera agroalimentare. I margini per il raggiungimento dell’obiettivo ci sono. Dal campo alla tavola i prezzi crescono in media di tre cifre».

Cosa è necessario fare? «Redistribuire nella fase a monte una quota di quell’incremento consentirebbe agli agricoltori il giusto reddito per continuare a produrre qualità senza alterare gli equilibri della filiera. Poi, bisognerebbe aggiornare la normativa sulle pratiche sleali certificando i costi della produzione agricola e assicurando prezzi dignitosi agli agricoltori. Se gli agricoltori abbandonano la produzione crolla la filiera e, con essa, il Made in Italy agroalimentare».

Affermano sempre alla Cia: «Di fronte a una crisi di portata globale e in un contesto di continui attacchi è arrivato il momento di rivendicare, con forza e decisione, il ruolo e le funzioni svolte dagli agricoltori nell’economia e nella società». Vale a dire? «Senza agricoltura non c’è nessun presidio economico e sociale nelle aree rurali e interne del Paese. Senza agricoltura i corsi d’acqua esondano più facilmente, le frane aumentano e gli incendi dilagano nei boschi incolti. Senza agricoltura la sicurezza alimentare non ha garanzie. Senza agricoltura il Made in Italy non può esistere. Senza agricoltura non si superano le pandemie e le crisi geo-politiche. Rispetto ai cambiamenti climatici, l’agricoltura non è il problema. L’agricoltura è la soluzione. Gli agricoltori non inquinano. Gli agricoltori rispettano da anni gli impegni ambientali, anche mettendo a rischio i loro profitti. Gli agricoltori producono energie alternative. Gli agricoltori non sprecano acqua, la utilizzano per produrre cibo di qualità. Dove si fa agricoltura c’è presidio ambientale e custodia del paesaggio.
Dove si fa agricoltura, economia e società sopravvivono e prosperano». 


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