Alba vista dagli occhi di un armeno

Alba vista dagli occhi di un armeno

LA STORIA Passeggiando per le vie albesi nel periodo fieristico è facile sentire parlare un altro idioma. I turisti arrivano sulle nostre colline per i motivi più disparati e le storie da raccontare sono molte.

Come quella di Gerard Aroyan, giramondo poliglotta nato nel 1950 in Libano. «Sono arrivato all’aeroporto di Nizza», racconta, «poi con un’automobile affittata ho raggiunto Alba, dove ho soggiornato per cinque giorni, da mercoledì 18 a domenica 22 ottobre».

Prosegue: «Volevo venire in questi luoghi perché, otto anni fa, quando con mia moglie e alcuni amici visitammo le Cinque terre, alcuni turisti degli Stati Uniti ci avevano vivamente consigliato di conoscere le vostre colline. Ho pensato che fosse arrivato il momento buono, anche se purtroppo lei non ha potuto seguirmi a causa di problemi al ginocchio».

Tanti i luoghi visitati durante il suo soggiorno, «sono stato anche ad Asti, Barbaresco, Neive e Grinzane. Ad Alba ho assistito al concerto della banda della Guardia di finanza al teatro Sociale e al concerto della domenica mattina in San Giuseppe».

D’altronde, per Gerard, musica e teatro fanno pienamente parte della sua vita: «Sono pensionato ma, da quando mi sono trasferito in Svezia, ho sempre lavorato come sarto teatrale, prima al Gulins Pepita e poi alla Royal opera di Stoccolma. Ora posso permettermi di accettare solo i lavori più interessanti. Essendo in pochi a svolgere il mio mestiere, tengo corsi per i giovani».

«Dal 13 novembre al 22 febbraio sarò a Karlstad, trecento chilometri dalla capitale, per preparare la Tosca di Puccini. A marzo andrò in Florida da mio figlio, ingegnere al centro spaziale. L’altro studia medicina a Stoccolma», racconta.

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Gerard Aroyan e Charles Aznavour

Emblematica la sua vicenda professionale e la sua storia di vita: «Faccio parte della diaspora armena, un po’ come gli ebrei siamo sparsi in tutto il mondo. Uno dei miei concittadini più famosi è stato il cantante francese Charles Aznavour, che intervistai, nella nostra lingua, nel 1980».

«Mio padre era un costruttore e mia madre una sarta, da lei ho appreso le prime nozioni della professione. Dopo la scuola dell’obbligo, ho lavorato per tre anni come apprendista in una delle principali sartorie del Libano, il Marchand tailleurs freres Halebliani. Andai via dal Paese con lo scoppio della guerra civile nel 1975: l’ambasciatore svedese era mio cliente e mi aiutò a stabilirmi lì».

Gerard padroneggia diverse lingue: «Armeno, arabo e francese li parlavo già in Libano. L’italiano l’ho imparato nel 1973 quando soggiornai per tre mesi a Roma per seguire un corso di sartoria alla Santarelli e Castellucci. Parlo svedese, naturalmente, e finlandese, la lingua del Paese da cui proviene mia moglie. Completano il quadro il turco, l’inglese e il tedesco».

Il bilancio sul soggiorno piemontese è positivo: «Alba è una città magnifica, ogni giorno ho trovato delle attività da fare. Oltre ai concerti, ho apprezzato molto il festival della bandiera e i mercati, davvero particolari. Al castello di Grinzane ho degustato il Barolo e il ragazzo che mi serviva mi ha offerto un bicchiere in più: in cambio mi ha chiesto di parlargli in svedese. Situazioni come questa sono la conferma del fatto che viaggiare da soli ti permette di incontrare persone interessanti».

Del tartufo resta «il ricordo del profumo, ne ho visti molti in esposizione, ma il costo è davvero elevato. Un amico italiano che abita in Svezia mi aveva avvertito che attorno al tartufo ruotano tanti interessi economici».

Davide Barile

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