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Cosa devono fare i cristiani per diventare grandi?

Cosa devono fare i cristiani per diventare grandi?
SantAndrea, vetrata nel tempio San Paolo ad Alba. L’apostolo fu tra i primi chiamati da Gesù.

PENSIERO PER DOMENICA – SECONDA TEMPO ORDINARIO – 14 GENNAIO

Ogni uomo è chiamato a scegliere cosa fare nella vita, anzi cosa fare della vita. Ogni anno, a gennaio, siamo invitati a riflettere su questo risvolto della vita: la “vocazione”. Le dinamiche sono interessanti e molto concrete: in un primo momento, nelle scelte di vita possiamo essere accompagnati dalle persone vicino a noi, poi, a un certo punto, la decisione e l’incontro con Dio devono essere qualcosa di personale.

La chiamata di Samuele (1Sam 3,3-10.19), un bambino, che stava crescendo e ricevendo la sua formazione nel tempio, ci suggerisce che c’è una vocazione che riguarda i bambini. Spesso ci capita di chiedere a un bambino cosa vuole fare da grande. Per lui è una questione seria, anche se è difficile che i sogni infantili diventino realtà. Per accompagnare la crescita di un bambino ci vogliono sapienza, discrezione e capacità di farsi da parte al momento giusto di Eli, subentrato alla famiglia, accompagna Samuele, per un lungo tratto, guidandolo fino all’incontro con il Signore. Poi rientra nell’ombra.

Nel Vangelo troviamo la chiamata dei primi discepoli secondo Giovanni (1,35-42). Assistiamo al passaggio di consegne da Giovanni Battista a Gesù. Anche il Battista sente che il suo ruolo di formatore volge al termine: ha trasmesso ai discepoli la sua fede nella venuta del Messia, li ha guidati nell’impostazione della loro vita. Ora intuisce che hanno bisogno di altro e che c’è chi può dare loro questo di più: Gesù di Nazareth, il profeta fino a quel momento sconosciuto. Il Battista ed Eli rappresentano il meglio della funzione educativa a livello umano. Ma per scegliere bene nella vita serve un passo in più: lo vediamo in entrambe le situazioni.

La decisione che determina la vita ha la durata di un attimo: è il “Parla, Signore” di Samuele o il “Dove dimori?” di Andrea. Ma altrettanto decisivo è il dopo: Samuele «non lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole», Andrea e l’altro discepolo «videro dove dimorava e quel giorno rimasero con lui». L’ascolto della Parola e lo “stare con lui” nella preghiera sono essenziali per la maturazione di qualsiasi vocazione. Non basta che il chiamato risponda al primo appello: ciò che conta è che risponda alle numerose chiamate successive, che non lasci cadere nel vuoto le parole del Signore, che dedichi del tempo a lui. La carenza di educatori, il mancato ascolto della Parola e la difficoltà di trovare tempo per la preghiera sono altrettanti fattori di crisi. Ma sono anche indicazioni chiare sulle strade da percorrere per superarla.

 Lidia e Battista Galvagno

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