Fabio Fazio intervista papa Francesco: «Le dimissioni non sono al centro dei miei pensieri»

Fabio Fazion intervista papa Francesco: «Le dimissioni non sono al centro dei miei pensieri»

TELEVISIONE Sono stati 3 milioni gli telespettatori, pari al 14,2% della platea televisiva italiana di domenica sera, a seguire le parole di papa Francesco nell’ intervista concessa a Fabio Fazio durante la trasmissione  Che tempo che fa. Un evento televisivo che ha registrato un picco di share del 16,4% pari a 3 milioni e 400mila spettatori e che è risultato il programma più visto nella storia del canale Nove. Inoltre, con oltre 300mila interazioni #Ctcf è stato il programma più commentato della serata.

L’intera intervista è visibile qui

Alla domanda di apertura di Fabio Fazio, Come sta? papa Francesco ha risposto: «Mi viene da dirti, ancora vivo!»

Al papa è stato anche chiesto un commento sulla possibilità di dimissioni: «Non è né un pensiero, né una preoccupazione e neppure un desiderio, è una possibilità, aperta a tutti i papi. Ma per il momento non è al centro dei miei pensieri, delle mie inquietudini, dei miei sentimenti. Per il tempo in cui mi sento di avere ancora la capacità di servire, vado avanti. Quando non ce la farò più sarà il momento di pensarci».

L’impegno verso la pace

Sulle guerre, dall’Ucraina a Israele e Gaza fino allo Yemen e tutte le guerre dimenticate, papa Francesco ha detto: «C’è un’apparente autodistruzione, è difficile fare la pace, non so perché. Quando nel 2014 sono andato a Redipuglia ho visto il risultato di quella strage e ho pianto. Ogni primo novembre vado in un cimitero a celebrare; quando sono andato ad Anzio c’erano ragazzi giovani, tutti morti. L’ultima volta sono andato al Cimitero inglese, guardavo le età e pensavo alle mamme che ricevono quella lettera: ‘Signora ho l’onore di dirle che suo figlio è un eroe…’. ‘No, io voglio il figlio, non l’eroe’. E pensiamo a cosa significa una guerra, pensiamo allo Sbarco in Normandia di cui è stato celebrato tempo fa l’anniversario ma sulla spiaggia della Normandia sono rimasti 20mila ragazzi… questa è la guerra!».

Sull’impegno del papa verso la pace e sulle reali possibilità di arrivare alla fine dei conflitti, al di là della speranza: «La speranza è come la forza che ci porta avanti. La speranza non delude, mai. C’era la Turandot che diceva che deludeva.. ma adesso la speranza non delude, mai delude. Dobbiamo aggrapparci alla speranza. L’immagine della speranza è l’ancora, che tu la butti e vai avanti, aggrappato alla corda per arrivare alla spiaggia. E quest’ancora mai delude. Ma siamo noi a fabbricare delle delusioni, tante, criminali. Tutti i giorni sento telefonicamente la parrocchia di Gaza, mi raccontano le cose terribili che succedono, quanti arabi morti e quanti israeliani morti, due popoli chiamati a essere fratelli, che si distruggono l’un l’altro. Questa è la guerra: distruggere!».

Sull’idea che la parola pace sia un pensiero che abita le menti ingenue e che la guerra sia parte della natura umana: «La guerra è cominciata all’inizio della Creazione, con Caino e Abele, sono iniziate le inimicizie, i crimini di guerra. Poi nella storia sempre ci sono state le guerre. La guerra è un’opzione egoistica, che ha questo gesto: prendere per me. Mentre la pace ha il gesto contrario: dare, e dare la mano. È vero che è rischioso fare la pace, ma è più rischiosa la guerra. Vediamo le due guerre che sono vicine adesso, ma pensa che da quando è finita la Seconda guerra mondiale ad adesso – ho detto – non sono mai finite le guerre. Adesso vediamo quella Ucraina-Russia e Palestina-Israele… Come mai non si può fare la pace? Dietro le guerre, diciamolo, con un po’ di vergogna, c’è il commercio delle armi. Diceva un economista che in questo momento gli investimenti che danno, interessi, più soldi sono le fabbriche delle armi. Investire per uccidere. Questa è una realtà, io non suono il violino, questa è realtà».

Cosa passa nelle menti di chi progetta la guerra? Sono uomini come noi, ma cosa li porta a tali decisioni?

«È difficile esprimere una motivazione generale. In alcuni il senso di patriottismo, in altri l’interesse economico, in altri l’idea di fare un impero e mandare avanti il potere del dominio. Ognuno ha le motivazioni proprie, ma le guerre sono sempre per distruggere. Guarda le immagini delle guerre adesso, guarda le immagini della striscia di Gaza, guarda quelle della Crimea o dell’Ucraina. Distruggere. Un’esperienza che ho avuto un paio di anni fa, sono andato in visita in un paese europeo, dovevo fare da una città a un’altra in elicottero ma quel giorno c’era la nebbia e abbiamo fatto un paio di ore di macchina. La gente nei villaggi sapeva del mio passaggio tramite la radio e mi aspettava. C’erano bambine e bambini, coppie giovani, coppie di mezza età, c’erano nonne e signore anziane ma raramente qualche anziano. Cosa significa questo? La guerra… Questi uomini non sono arrivati alla vecchiaia. La guerra è così, distrugge, uccide».

La guerra e i bambini

Sui bambini e su cosa significa la guerra sulla loro pelle: «Mercoledì scorso è venuta una delegazione di bambini dell’Ucraina, hanno visto qualcosa della guerra e, dico una cosa Fabio, nessuno di loro sorrideva. I bambini spontaneamente sorridono, io gli davo delle cioccolate e loro non sorridevano. Avevano dimenticato il sorriso e che un bambino dimentichi il sorriso è criminale. Questo fa la guerra: impedisce di sognare».

Sui bambini sfruttati, abusati, affamati, usati per la guerra: «I bambini sono i grandi sfruttati, i grandi scartati. E dimentichiamo che loro sono il futuro, ma noi togliamo il futuro ai bambini. Poi quando arrivano a vent’anni e finiscono in carcere noi diciamo: ‘ah questa generazione sporca guarda le cose che fa’. Ma siamo stati noi, è stata la società, a educarli così. Non perché gli è stato detto di uccidere o di rubare, ma perché sono stati messi ai margini, come scarti. È terribile, questa è una condanna a morte per i bambini. Nel mese di giugno si farà il primo incontro mondiale dei bambini qui a Roma. Quando abbiamo fatto l’incontro con i bambini c’erano 7.500 bambini di tutto il mondo, da Paesi di pace e di guerra, ma adesso ne faremo un altro, per cercare di attirare l’attenzione sul fatto che i bambini sono il futuro. Ma sono il futuro con le cose che noi gli daremo: o li faremo crescere bene o li faremo crescere male».

Da dove arriva il male?

Se siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, perché siamo capaci di provocare tanto dolore? Da dove arriva il male?

«Il male arriva dal proprio cuore, sempre. Noi abbiamo la possibilità di scegliere sempre: o il bene o il male. Il cuore ha la capacità di fare il male da sempre, fin dall’inizio. Pensa alla lite dei fratelli Caino e Abele. E poi pensa a tutte le guerre che si sono susseguite. Il cuore ha la capacità di fare il bene o il male, qui si radica la propria libertà, l’uomo è libero. Tante volte è condizionato da questioni politiche e sociali, abbiamo parlato dei bambini, di come sono condizionati, ma il cuore dell’uomo è libero. E quando un capo di stato decide di fare una guerra – una guerra offensiva, non difensiva – lo fa con libertà. E poi non dimentichiamo che il commercio che oggi dà di più è il commercio delle armi. E tante volte le guerre si continuano, si fanno più ampie, per vendere le armi o per provare armi nuove. La gente che muore è il prezzo che si paga».

Sulla frase del papa nella sua precedente presenza a Che tempo che fa “Il perdono è un diritto” e sul fatto che valga per tutti: «Il perdono è per tutti. Una volta una persona molto saggia, semplice mi ha detto: “Dio non si stanca di perdonare, mai. Dio perdona sempre perché è da Lui il perdono, ma siamo noi a stancarci di chiedere perdono. E questo è il problema. Il cuore aperto al perdono viene subito preso dal cuore di Gesù che perdona tutto, ma il cuore indurito nostro diviene incapace di chiedere perdono e questa è una cosa molto brutta, la incapacità di chiedere perdono. E da lì viene una certa incapacità ad essere perdonato. Ma non perché il Signore non perdona, no, perdona tutto. In questo è “pazzo di amore”, diciamo così. Ma noi, siamo noi a stancarci di chiedere perdono delle volte. Il Signore aspetta, bussa alla porta di tanti cuori perché abbiano questa capacità di riconoscere il male che stanno facendo. Pensa a questi fabbricanti di armi, che sono fabbricanti di morte. Il Signore è vicino a loro, tocca il cuore per portarli a un cambio di vita e il Signore non si stanca di perdonare. Ricordiamo questo. Dio mai si stanca di perdonare. Siamo noi a stancarci di chiedere perdono. Questo non dimenticarlo mai».

Su Dio e su come la sua vicinanza, compassione e tenerezza possa aiutarci nel dolore: «Dirò due direzioni: di avvicinarsi noi al Signore oppure lasciare che il Signore si avvicini a noi. Delle volte in alcune circostanze, la guerra per esempio, noi abbiamo rabbia nel cuore e ce la prendiamo con il Signore: ‘Ma perché permetti che accadano queste cose? Perché lasci che ci distruggiamo così?’. Ma il Signore è vicino e la vera strada è lasciare che si avvicini. Delle volte il Signore viene presentato come il giudice implacabile. È vero è giudice, ma è vicino, compassionevole e misericordioso».

Alla domanda su come possano stare insieme misericordia divina e punizione divina: «È la punizione di papà e mamma con il bambino, quando gli danno qualche castigo o qualche penitenza per correggerlo. Il Signore, diciamo così, castiga per correggere, castiga con amore. È come una mamma o un papà quando dà (mima uno sculaccione) – se è una brava mamma o un bravo papà – ha più dolore nella mano il genitore, che non il bambino nel sedere. Guai al papà e alla mamma che non sentono dolore quando bacchettano un po’ il bambino, qualcosa non va lì».

Sul significato della frase dell’Atto di dolore: “…perché peccando ho meritato i tuoi castighi”: «Non so se questa frase sia fuorviante, ma è un’espressione letteraria. Il peccato merita il castigo. Se una persona fa una cosa brutta il giudice lo mette in carcere. Ma è un’espressione troppo dura dell’amore di Dio… A me piace di più dire: ‘Perché peccando ho rattristato il tuo cuore’. Perché il cuore di Dio è anche un cuore umano, Lui si è fatto uomo. E Lui si rattrista quando vede la nostra durezza di cuore, il nostro andare avanti con i nostri egoismi. Ma una cosa bella che mi piace pensare è che Lui ci castiga accarezzandoci. Perché Lui ci mette in difficoltà perché noi riflettiamo sulle cose brutte che abbiamo fatto e cambiamo vita. Lui è il grande perdonatore, non si stanca di perdonare….Sempre».

Alla domanda se si può chiedere tutto a Dio, anche le cose più banali: «Sì, si può chiedere tutto a Dio, anzi penso che a volte siamo proprio timidi, non abbiamo il coraggio di chiedere tutto al Signore. Ma il Signore dice nel Vangelo: ‘Chiedete e avrete’. Chiedete. Chiedete. Quella saggezza cristiana di imparare a bussare alla porta del cuore di Dio».

Sulla frase pronunciata dal papa alla Giornata mondiale della gioventù in Portogallo ‘Todos, todos, todos, la chiesa accoglie tutti, non esclude nessuno’ e sul fatto che questo concetto possa non piacere a coloro che sul giudicare e sulla punizione hanno costruito il loro potere: «La Chiesa ha questa dimensione cordiale, che viene dal cuore. Tutti, tutti a casa, tutti dentro. Lo dice il Signore in quella parabola che mi piace tanto, quando gli invitati alle nozze del figlio non sono venuti perché ognuno aveva i propri interessi, cosa dice il Signore ai suoi aiutanti? ‘Andate agli incroci delle strade e portate tutti, buoni e cattivi, sani e ammalati, giovani e vecchi, tutti’, tutti, tutti. Tutti dentro. Questo è l’invito del Signore. Ognuno con il proprio fardello, perché ognuno ha il suo, e il Signore dice: tutti. Lo dice il Signore, non lo dico io. Il problema è quando noi facciamo delle selezioni».

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