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Abitare il piemontese: la parola di questa settimana è Tȓovesse (pronuncia: Truvesse)

Significa trovarsi, trascorrere il tempo insieme

Il laboratorio teatrale di Tibaldi, promosso dalle associazioni albesi 1
L'attore Paolo Tibaldi

ABITARE IL PIEMONTESE Pronto, sono Paolo… se non disturbiamo possiamo venire a trovarvi questa sera? Una consuetudine della civiltà piemontese. Piemontese sì, ma prima ancora civiltà. Quello che vorrei raccontare è quel periodo successivo alle vijà (le veglie nelle stalle), ma precedente a quello attuale dove sappiamo esattamente cosa faremo oggi, domani e dopodomani. Soprattutto oggi non ci sogneremmo mai di telefonare a qualcuno per dirgli: Sah, tra un’ora veniamo fino a trovarvi. Nel 2024 risulteremmo invadenti e curiosi, anche se la visita sarà ricambiata.

Fino a pochi anni fa chi ospitava era orgoglioso: Ma s-capìss, mnì nsà, dëstuȓbi nen! Ma porté niente, neh! Porteve mach voiatȓi! (certamente, venite, non disturbate! Ma non portate niente! Portatevi solo voi). Noi, invece, avevamo già un bel cabaret di bugie appena fatte o una Viennetta, nella peggiore delle ipotesi quei biscotti confezionati pieni di burro (le manine) o quelli lunghi e stretti con la sfoglia a rombi e un cenno di marmellata, ma appena-appena per tenere insieme tutto il biscotto, sgradevole e buonissimo allo stesso tempo. E poi aranciate, gasseus, cedrate, ricoperti! D’estate si stava in cortile circondati da fiammelle e odore di citronella; d’inverno in cucina a contarcela e far passare la serata con il rischio di vedere foto matrimoniali.

Uno dei complimenti più comuni, chissà perché, era: ma tì beica, che bele se pianele! (ma guarda, che belle piastrelle). Fino a quel momento nelle case di campagna il pavimento era in cotto. Era arrivato il tempo del riscatto e bisognava partire da lì, daȓ pianele. Tutto questo è accaduto. Non voglio farne una questione di nostalgia: le cose cambiano, le persone se ne vanno e certe consuetudini si interrompono. Nelle case stanno scomparendo persino i telefoni fissi per chiamare e sentire un sincero Pronto chi parla?’ (oggi, chi parla lo sappiamo prima di rispondere), figuriamoci per dire Possiamo venire a trovarvi? È stato un bel periodo che tutti noi ricordiamo con piacere, sono sicuro!

Se c’è una cosa che ci manca di quegli anni è una domanda bellissima, una sola. Non è Possiamo venire a trovarvi? È la domanda dell’altro punto di vista: S’i i-e mnìssa cheicadun, ȓ’omni cheicòs da deje? (se venisse qualcuno abbiamo qualcosa da dargli). È una domanda con cui siamo stati educati, l’essenza del trovarsi. È la domanda di chi riceve con piacere, unità di misura dell’ospitalità piemontese: S’i i-e mnìssa cheicadun, ȓ’omni cheicòs da deje?

Paolo Tibaldi

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