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Abitare il piemontese: la parola di questa settimana è Tabachin

Vuol dire: tabaccaio, rivenditore di sali e tabacchi, lavorante del monopolio dei tabacchi.

Beppe Fenoglio bambino in scena al teatro Sociale
Paolo Tibaldi davanti alla Censa di San Benedetto Belbo.

ABITARE IL PIEMONTESE Come intitola uno scritto di Cechov, Sui danni del tabacco, è chiaro che faccia male da sempre, in ogni luogo e in ogni tempo, una dipendenza da cui è difficile defilarsi. Tuttavia quella del tabachin o della tabachin-a è una figura nota e amica a livello paesano. Andé da ‘n tabachin significa andare dal tabaccaio, ma anche nel negozio stesso, la tabaccheria (espressione successiva a censa o privativa), anche se non è detto che l’acquisto sia legato a qualcosa da fumare. Anche noi da piccolini annunciavamo di andare dal tabacchino per poi acquistare figurine o caramelle.

L’etimo di tabachin/tabaccaio è discusso. Si possono individuare due ipotesi che si basano sulla stessa derivazione intermedia dello spagnolo tabaco (tabacco). Secondo i cronisti delle Indie, è la denominazione haitiana della pianta che gli europei hanno imparato a usare nelle Indie d’America. Indicava sia il sigaro formato dalle foglie arrotolate, sia il tubo usato per fumarle. In Europa, già precedentemente, si attribuiva questo nome ad alcune piante medicinali, derivando dall’arabo tabbaq (canna da fumo), servendosi per indicarla della denominazione dello strumento a forcella che consentiva di fumare. S’ipotizzano dunque due possibilità: un’origine sudamericana o un adattamento europeo dall’arabo.

Tra i tanti sottolèmmi ci sono tabach seȓvàj (tabacco selvatico), un’erba medicinale chiamata enula campana, eccitante e utile per gli stati febbrili, già nota prima della scoperta dell’America. C’è il tabach da fumé (tabacco da fumare), da nufié (fiutare), da ciché (masticare), an poer (in polvere), an còrda (in matassa), da fȓà (in foglia), ëd montagna (arnica di montagna). Fàme nen monté ij tabach! è un’esclamazione di chi si sta per arrabbiare. Evidentemente la sensazione è di un tale surriscaldamento che pare addirittura di emanare fumo.

Un’espressione antica denomina il tabacco eȓba dȓa regin-a. Sarà che l’erba voglio non cresce neanche nel giardino del re, sarà per le attrazioni femminili che aveva Vittorio Emanuele, ma la leggenda narra che il re fosse solito fuggire, passando per un tunnel sotto la tenuta di Fontanafredda, per andare a trovare le sue amanti. Qualora fossero rimaste inavvertitamente disonorate, sarebbero state ricompensate con una licenza per la rivendita di sali e tabacchi, garantendo così a loro e al fanciullo illegittimo il sostentamento per gli anni a venire.

Paolo Tibaldi

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