Parliamo della situazione locale con l’assessore alla famiglia di Alba Mariangela Roggero Domini.
La ricerca Ires descrive i dati socio-economici piemontesi per il 2010.
Qual è la situazione albese?
«Devo dire che sono preoccupata. Il sintomo più evidente del problema riguarda la casa: il numero di sfratti a maggio di quest’anno ammonta a circa cento, cifra corrispondente al totale del 2010. La mia non è una posizione semplice: ricevo ogni giorno individui e famiglie disperate».
Eppure, molti ritengono ancora Alba sotto una sfera di cristallo, immune alla crisi.
«Il problema si può riassumere così: il 22 dicembre del 2009 scadeva il bando dell’Atc (Agenzia territoriale per la casa), ossia la possibilità di ricevere alloggi a canone d’affitto fortemente agevolato. Proprio in quel periodo è arrivata la recessione, che ha colpito soprattutto giovani coppie con bambini e con lavori a tempo determinato. Le “vittime” sono state colte alla sprovvista: perdere il lavoro era l’ultima cosa che ritenevano possibile! A un certo punto, però, molte famiglie si sono trovate in mezzo a una strada».
Ci sono soluzioni?
«Come Amministrazione stiamo facendo il possibile. Ora attendiamo la risposta di un privato per quanto riguarda la possibilità di utilizzare una palazzina con 14-15 appartamenti da destinare ai soggetti deboli. Se l’edificio passasse sotto la competenza dell’Atc sarebbero in molti a guadagnarci. Comunque, il Comune da solo non basta: vorrei lanciare un appello affinché le istituzioni in grado di farlo mettano a disposizione edifici e strutture per il soccorso agli indigenti».
A chi si riferisce?
«Chi vuole intendere, intenda».
Esiste un disagio psicologico creato da una situazione del genere?
«Escludendo i casi estremi, assistiamo a una crescita progressiva dei livelli d’ansia nelle famiglie. Gli uomini subiscono gravi ferite all’autostima, sono sovente arrabbiati o demoralizzati. Dovremmo imparare a prevenire situazioni del genere, riducendo il numero di contratti a tempo determinato. Si tratta di una tipologia di assunzione che non vuol dire niente. Il lavoro c’è o non c’è. Questi “contratti a metà” finiscono per chiudere le famiglie in una cortina di pericolo e di indeterminatezza».
Perché, secondo lei, il cittadino medio non è consapevole di questo “volto disperato” della città?
«Alba è sempre stata connotata da un atteggiamento solidale verso il debole. Ma è anche vero che, per attitudine individuale, preferiamo non ammettere l’esistenza di criticità. Come se una parte di noi, in fondo, si vergognasse».
m.v.