Più allievi, meno insegnanti

SCUOLA IN PIEMONTE – Problemi e novità tra i banchi…

C’è chi lo descrive come un regime tecnocratico, in cui la logica del calcolo prevale sulla qualità e il criterio economico surclassa quello didattico, pedagogico e culturale. Oppure, dicono altri, un necessario provvedimento di riordino, per arginare lo spreco e rivoluzionare ingranaggi polverosi e congestionati. O ancora, un attacco alla base della democrazia per smorzare l’impeto delle ideologie.

Il significato della riforma dell’istruzione si mimetizza nella baruffa di commenti e rivendicazioni. Perciò, mano ai numeri.

Secondo i dati dell’Ufficio scolastico regionale (Usr) del Piemonte il numero d’insegnanti al 10 settembre 2010 ammontava a 44.847, mentre oggi è pari a 43.539. In altre parole, si assiste a una contrazione del 3 per cento dell’organico dei docenti, mentre ilnumero degli alunni incrementa dell’1 per cento circa, da 523.821 ragazzi del 2010 a 529.670 del 2011. Un’analoga sproporzione si verifica sul fronte degli insegnanti di sostegno: mentre il numero di alunni disabili è aumentato di circa 6 punti percentuali (da 12.953 a 13.728), quello dei docenti si è contratto dello 0,5 per cento (da 5.509 a 5.478).

L’inquietudine di genitori e dirigenti appare dunque giustificata e, per quanto gli enti istituzionali di ordine inferiore possano farsi in quattro per metterci una pezza, la struttura degli organici è alterata. Sul fronte della Granda assistiamo a tendenze analoghe a quelle regionali. Se nel 2010 gli studenti cuneesi erano 78.683, nel 2011 i ragazzi sommano a 79.155, a fronte di una transizione delnumero di insegnanti, da 6.666 a 6.493. L’unico “sollievo” arriva dal fronte della disabilità: mentre gli studenti con handicap passano 2.003 a 2.066, gli insegnanti cuneesi di sostegno balzano da 860 a 900. La distribuzione dei tagli non è uniforme. Sempre secondo i numeri dell’Usr, la contrazione più grave nel personale di sostegno riguarderebbe la scuola di secondo grado (-11,28 per cento), mentre in quella di primo grado si assiste a un incremento del 3 per cento. Quanto agli insegnanti ordinari, la maggiore criticità si osserva nella scuola primaria (-4,68 per cento). Se la situazione non è equa, è perché i parametri di assegnazione o sottrazione di risorse non rispondono a logiche lineari ma dipendono da parametri multipli, si spiega. Non resta che barcamenarsi nel labirinto dei numeri, dunque, scansando gli inganni. È un atteggiamento necessario soprattutto a quelle comunità locali che dovranno “aggiustare” l’azione degli enti centrali con mano propria, correggere vestiti troppo stretti per evitare di affondare (vedi sotto l’intervista).

Matteo Viberti

I DIRIGENTI – La riforma? È stata solo un taglio

“Un conto è chi amministra e decide da lontano. Un conto chi si adegua a tali decisioni, vivendole nel quotidiano. Per capire come funziona la riforma della scuola – giunta al terzo anno – Gazzetta si è rivolta ai protagonisti.

Spiega la dirigente dell’istituto comprensivo Beppe Fenoglio di Neive – nonché reggente del primo Circolo didattico –, Sandra Cane: «Per quanto riguarda la scuola primaria, abbiamo ricevuto dallo Stato l’organico per le discipline, ma non quello per l’assistenza alla mensa. Perciò, confidiamo nell’aiuto regionale, oppure in quello dei Comuni. La stessa cosa si può dire per i collaboratori scolastici: gli ulteriori tagli non consentiranno di rinnovare il servizio di prescuola, ossia l’assistenza ai bambini che arrivano prima dell’orario di inizio delle lezioni».

Un altro groviglio, spiega Cane, si crea sul fronte delle reggenze: dato che non è stato istituito il bando di concorso per sostituire i dirigenti scolastici che vanno in pensione, oggi molti presidi sono obbligati a gestire più di un istituto. Sono evidenti i sovraccarichi, i sacrifici e le penalizzazioni implicate da un’amministrazione congiunta. Ciò avviene, a livello locale, presso la scuola media Macrino, presso l’ex Istituto ragionieri, ma anche a Diano, a Montà, a Bossolasco. Infine, un’ulteriore pennellata d’incertezza è racchiusa nella manovra finanziaria. «Il documento approvato dal Governo», chiude Cane, «dichiara che da quest’anno i plessi con meno di mille studenti non potranno più essere autonomi, ossia avere un dirigente proprio. Ciò ridurrebbe ulteriormente la capacità gestionale e la funzionalità del sistema. Attendiamo indicazioni, le certezze sono poche».

m.v.

“Il medesimo sconforto si legge nelle parole di Michele Cauda, dirigente del secondo Circolo e reggente dell’istituto comprensivo Alta Langa di Bossolasco.

«Gli inizi di quest’anno scolastico si sono rivelati complicati», spiega. «La disponibilità di personale è minima, tranne che sul fronte della scuola dell’infanzia, per la quale i finanziamenti sono rimasti inalterati. Per quanto riguarda l’istituto che dirigo, dovremo sopportare il taglio di tre insegnanti a fronte di una sola classe in meno rispetto all’anno precedente. Ciò implica che le supplenze vengano effettuate da insegnanti di altre classi, ad esempio un docente del secondo anno dovrà coprire uno del primo, e così via. Il personale è spezzettato, le potenzialità limitate».

Quando domandiamo se, in definitiva, la riforma della scuola abbia portato almeno un aspetto positivo nell’esperienza di tutti i giorni, Cauda non dubita: «Per come la viviamo noi, la riforma è esclusivamente un taglio. L’unica reale novità sarebbe stata quella del maestro unico, ossia la riduzione dell’orario a 24 ore settimanali con un unico insegnante. Ma i genitori e le famiglie spingono per una dilatazione degli orari, cioè preferiscono che i figli rimangano a scuola più tempo. Dunque, pure quella del maestro unico si è dimostrata un’idea non funzionale».

m.v

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