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Diego Rosa: «Crono dei vini, meglio in collina»

enrico-fonte-diego-rosa-intervista-barolo-novembre2013CICLISMO Nel bar di piazza Colbert, a Barolo, le sedie del dehors sono sui tavolini con le gambe all’insù: aspettano la bella stagione, Collisioni ma, prima ancora, il Giro d’Italia, che giovedì 22 maggio farà tappa nel Comune langarolo per la “cronometro dei vini”, visto che si partirà, 46,5 km prima, da Barbaresco. Proprio dove si concluderà la prova contro il tempo, abbiamo incontrato, nel bel mezzo di un allenamento, il professionista di Corneliano, Diego Rosa.

Il tracciato non è ancora stato definito nel dettaglio. Che percorso vorresti?
«Senza voler nulla togliere alla pianura, spero che la cronometro possa avere un percorso ondulato e attraversare le Langhe per via dei paesaggi decisamente migliori rispetto a quelli della zona pianeggiante. A prescindere dal tracciato, quella che si concluderà a Barolo sarà una tappa importante sia per i cronoman, sia per chi punterà alla maglia rosa».

Sarai anche tu in gara?
«Spero di sì, ma la formazione che parteciperà al Giro d’Italia verrà scelta solo poche settimane prima del via. Dovrò meritarmi il posto».

Quando partirà la tua stagione?
«Dopo un breve periodo di riposo (Rosa ha corso l’ultima gara stagionale a metà ottobre, al Giro dell’Emilia, nda), ho iniziato la preparazione. Con buone probabilità farò la prima gara, forse in Francia, leggermente dopo rispetto allo scorso anno, quando feci il mio esordio già a fine gennaio in Argentina».

Correrai ancora per il team Androni giocattoli-Venezuela. Come ti trovi?
«È la squadra ideale per chi, come me, è appena entrato nel mondo del professionismo. Questo perché è una società, anzi una grande famiglia, che crede molto nei giovani, li aiuta a crescere e dà loro fiducia. Mi trovo davvero bene».

Hanno lasciato la squadra il capitano ed ex campione italiano Franco Pellizotti e il promettente piemontese Fabio Felline. Senti maggiore responsabilità?
«No, ma cercherò di fare meglio della stagione passata. Dispiace non poter correre più a fianco di due grandi corridori come Pellizotti e Felline, che aiutano e insegnano molto, ma la squadra si è mossa bene sul mercato per sostituirli al meglio».

A proposito della passata stagione, pensavi sarebbe stata più facile o difficile?
«A essere sincero mi aspettavo qualcosa di più complicato per via dei lunghi chilometraggi da percorrere, che in mountain bike prima e nei dilettanti poi avevo mai affrontato. Ciò che mi ha impressionato è l’alto ritmo con cui si affronta ogni gara, anche la più dura. Per fortuna, nei momenti clou, stavo bene fisicamente e così sono riuscito a essere all’altezza della situazione. In ogni caso non è stata una passeggiata, come potrebbe sembrare dall’esterno».

Ventitreesimo al Giro, in fuga in “classiche monumento” come la Milano-Sanremo e il “Lombardia” e convocazione in Nazionale. Che voto ti dai?
«Sei. Pur avendo ottenuto risultati al di là delle mie aspettative, non ho vinto alcuna gara». Cosa manca per il sette? «Proprio la vittoria. È buona cosa essere sempre competitivi, dare battaglia e ottenere buoni piazzamenti, ma occorre anche portare a casa qualche risultato importante».

Dal punto di vista atletico-tecnico cosa puoi migliorare? «Ho modificato la mia posizione in sella e la preparazione invernale. Avendo 24 anni, credo di poter ancora migliorare».

Te le sei cavata bene sia nelle corse a tappe che nelle classiche di un giorno. Quale tipo di corsa preferisci?
«Mi trovo meglio nelle gare a tappe, perché ho buone doti di recupero e riesco a cavarmela meglio nei percorsi più duri e selettivi, tipici dei grandi giri».

I ciclisti sono tra gli sportivi più controllati per quanto riguarda il doping. A quanti controlli sei stato sottoposto? «Solo nei primi tre mesi dell’anno sono stato sottoposto a quattro controlli. Noi ciclisti ce la stiamo mettendo tutta per dimostrare di essere puliti: abbiamo il passaporto biologico, che è una sorta di reperibilità continua, e diamo la disponibilità a essere controllati dalle 6 alle 22 di ogni giorno, dovendo presentare apposite documentazioni anche in caso di malanni. Il problema è che questo sport ha perso un po’ di credibilità e quindi servirà tempo per eliminare gli aloni di dubbio».

Perché un tifoso dovrebbe continuare ad amare il ciclismo?
«Perché è uno sport di fatica, che appassiona ed emoziona proprio perché i ciclisti danno sempre il massimo».

Parlando di tifosi, hai visto che affetto ti hanno dimostrato i tuoi supporter organizzando lo scorso 3 novembre una pedalata in tuo onore?
«Non mi aspettavo una partecipazione così numerosa! Ringrazio di cuore tutte le persone che hanno contribuito e, in particolare, il Comune di Corneliano, la Onnicar e il fan club».

Enrico Fonte

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