Sulle vie aperte da Natale Bussi e Pietro Chiodi, convegno al liceo Govone

Don Natale Bussi ci parla ancora. Tutti gli eventi per celebrarne la memoria
don Natale Bussi

ALBA In occasione della mostra di ritratti di Chiodi opera di Pino Chiezzi, il liceo Govone propone un incontro dedicato al filosofo e a don Natale Bussi,
del quale ricorrono i trent’anni della morte, per metterne in rilievo l’impegno e il valore civile. Il 16 novembre, nella biblioteca della scuola, ne parleranno Battista Galvagno ed Edoardo Borra. Di seguito una riflessione di Battista Galvagno.

Ci sono eventi e persone che si richiamano a vicenda, tanto sono inscindibilmente legati. Ricordando Pietro Chiodi non si può fare a meno di evocare don Natale Bussi. In nome di un’amicizia molto più solida della diversità di idee, ricordando il dialogo a distanza, sulle cattedre del liceo Govone tra il professore di filosofia e di religione, non dimenticando che fu proprio Bussi a sostituire, sulla cattedra di filosofia, il Chiodi partigiano. In nome della passione educativa, che saldava in una singolare unità di intenti il Seminario e il liceo, luoghi di formazione delle menti migliori del mondo ecclesiale e di quello laico. In nome dell’antifascismo, della passione per la libertà, della chiara affermazione del primato della persona umana.

Protagonista seminascosto

Della storia di quegli anni don Bussi fu un protagonista seminascosto. Nato a Santo Stefano Belbo nel 1907, di carattere semplice e riservato, dotato di particolare facilità allo studio, venne avviato al Seminario di Alba, dove compì gli studi in preparazione all’ordinazione sacerdotale che ricevette il 29 giugno 1931 dalle mani di monsignor Giovanni Battista Re. Dal Seminario, dove visse fino alla morte, nel 1988, sono partiti i suoi insegnamenti. «I suoi scritti, ma più ancora il suo insegnamento, erano pieni di fascino»: concordano i suoi allievi. In un contesto ecclesiale teso alla mera difesa di una cultura asfittica e lontana dalla vita, il Seminario di Alba fu una finestra aperta sul mondo moderno, che allora veniva giudicato in blocco come anticristiano e ateo, senza avvertire i problemi emergenti. Lo sforzo di don Bussi fu innanzitutto di infondere la passione della cultura e restaurare una forte vita intellettuale. L’incontro e l’amicizia con Chiodi rientrano in questo ambito.

La persona umana

Sul piano filosofico, il punto di incontro tra Bussi e Chiodi fu senza dubbio la chiara affermazione della centralità della persona umana, raggiunta percorrendo strade diverse: per Chiodi il pensiero di Kant e di Heidegger, per Bussi la filosofia di san Tommaso, letta e interpretata in chiave personalistica, alla scuola di Maritain, Ebner e Buber. Mentre Chiodi metteva in primo piano lo spirito critico che non è solo un contrassegno di intelligenza, ma anche il principio base della convivenza civile, Bussi sottolineava la dimensione di profondità e mistero della persona e il primato della relazione: siamo fatti per vivere in comunione. Il dono di sé all’altro è la suprema realizzazione personale.
Cogliere, denunciare e combattere i rischi del fascismo accomunò le menti migliori dell’epoca. Furono pochi, in quegli anni, nel mondo della cultura e nella Chiesa, a capire quanto stava accadendo, a mettere in guardia dai pericoli del fascismo e del nazismo, a prendere le distanze dall’uomo della provvidenza. Chiodi e Bussi furono tra questi: chi legge la storia con occhio critico o sguardo profondo non si lascia abbacinare dalle suggestioni del momento. L’antifascismo di don Bussi ha radici filosofiche e teologiche: se la persona umana è la realtà più alta, nessuno può calpestarla. Meno ancora può farlo chi crede che l’uomo è stato salvato da Gesù, un ebreo, che ha privilegiato i poveri, gli scartati, gli esclusi. Ricordare che questa è la fede cristiana, è un modo per ribadire la provocante attualità di testimoni come Bussi e Chiodi: è importante ricordarli, ma molto di più camminare sui sentieri che essi aprirono.

Battista Galvagno

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