CLIMA Spiega il tecnico dell’Arpa Enrico Rivella: «Anche la viticoltura nelle Langhe sta subendo gli effetti del surriscaldamento globale. Le fioriture anticipate di questo mese di febbraio ne sono un esempio, così come si manifestano ormai con frequenza periodi eccessivamente miti e caldi, alternati a lunghe settimane piovose e a gelate tardive. L’esempio più vicino è del 2018, quando vennero “bruciati” interi filari, obbligando a continui riaggiustamenti delle strategie di lotta fitosanitaria». Prosegue Rivella: «Il maggior calore non sempre si traduce in effetti benefici sul vino prodotto, ma in veri e propri danni, se non si adottano accorgimenti colturali e in cantina. Ma di più preoccupa lo scenario futuro. Dall’analisi dei tre principali indici climatici del vitigno Nebbiolo emerge una rapida perdita di aree ottimali nella zona della bassa Langa, con il conseguente spostamento in alta Langa, dove le colture a più di 600 metri promettono un 80 per cento di annate ottimali».
In altre parole, le vigne traslocheranno. Ancora Rivella: «Molte aziende viticole ne sono consapevoli e si stanno interessando ai terreni finora lasciati all’abbandono. Ecco perché si registrano aumenti nelle attività di compravendita degli appezzamenti e già qualche impianto fa capolino sui bricchi più alti». Ma la soluzione non è plausibile, perché il problema è di ordine strutturale: se l’uomo non smetterà di utilizzare energie da combustibili fossili, nei prossimi anni i problemi saranno ben più gravi di quelli legati alla coltivazione della vite. Rivella: «La preoccupazione è che si replichi lo schema monocolturale della bassa Langa, alterando in ottica di adattamento al cambiamento climatico e per dinamiche esclusivamente di profitto un equilibrio ecologico che andrebbe gestito». Come? «Impedendo l’eccessiva trasformazione del suolo, deleteria anche dal punto di vista del dissesto idrogeologico».
La biodiversità che andiamo perdendo potrebbe invece rafforzare la vite nella resistenza agli eccessi climatici: «Ma l’espansione del noccioleto sta creando un vero cambio di ecosistema: bisogna interrogarsi sulle ripercussioni sull’ambiente di vita dell’uomo», chiosa Rivella.
Matteo Viberti