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L’Unione europea dei territori figli di una tradizione millenaria

Italia, sorvegliata speciale nell’Unione europea?

BRUXELLES Ci sono molti modi sbagliati di raccontare l’Unione europea. Uno dei più diffusi è quello di concentrare tutta l’attenzione sui palazzi di Bruxelles, dove hanno sede le principali istituzioni Ue, o di Francoforte, sede dell’importante – in particolare di questi tempi –  Banca centrale europea. Si può fare anche di peggio, come ancora accade spesso anche sulla cosiddetta “grande stampa”, quando si confondono tra loro le istituzioni, chiamando “Consiglio europeo” – quello che riunisce i capi di Stato e di governo Ue – con il “Consiglio d’Europa”, benemerita istituzione internazionale che oggi riunisce 47 Paesi, 20 in più dell’Unione europea e che rispetto a quest’ultima ha altre e più limitate funzioni o, ancora,  generando confusione tra le competenze delle istituzioni Ue con il risultato di indurre in errore sulle responsabilità di ciascuna.

Un’altra imprecisione molto frequente consiste nel ritenere equivalenti due appellativi, quello di Europa e quello di Unione europea: la prima correttamente riferita alle dimensioni continentali europee (senza peraltro sapere definire chiaramente i confini di questo piccolo promontorio dell’Asia) e l’altra, una sua parte, costituitasi come aggregazione economico-politica a partire dalle Comunità dei primi anni ’50 e oggi, dopo la secessione britannica, forte di 27 Paesi membri con quasi mezzo miliardo di abitanti.

Accade spesso che, quando prevalgono queste approssimazioni, a farne le spese siano i Paesi europei “in carne e ossa”, occultando i suoi molteplici territori, le comunità umane che vi abitano ricche di culture diverse, non aliene talvolta da conflitti che il convivere insieme nell’Unione consente di governare. L’Ue è una realtà complessa, erede di una tradizione millenaria di scambi, guerre, tregue e, da 75 anni a questa parte, di una pace che mai il nostro continente ha conosciuto così lunga. Non sorprende che una simile storia abbia provocato nel tessuto europeo faglie e divisioni importanti, alcune risolte, altre latenti e, altre ancora, a rischio sismico permanente.

Lo constatiamo in questi giorni di affannosa ricerca di un’intesa per consentire all’economia e alla società europea di rimbalzare dopo il disastro, non ancora del tutto consumato, della pandemia da Covid-19. In gioco non ci sono soltanto le dimensioni, insolitamente imponenti, delle risorse finanziarie previste per il “Patto di ripresa” dell’Ue, le spinte a sostegno della proposta, le resistenze dei Paesi cosiddetti “frugali” (Austria, Danimarca, Finlandia, Olanda e Svezia) e i timori dei Paesi dell’Europa centro-orientale. In ballo ci sono visioni diverse del progetto europeo: quelle prevalentemente “mercantili” dei “frugali”, quelle di forme di “solidarietà passiva” (ricevere molto e dare il minimo) degli ultimi arrivati nell’Ue e l’orizzonte politico verso cui muove la coppia franco-tedesca, con l’Italia, la Spagna, e altri Paesi periferici dell’Europa.

C’erano una volta la Svezia e il Parlamento europeo
Franco Chittolina, sociologo, ha lavorato per 25 anni nelle istituzioni europee

Lo scontro di queste settimane ne riproduce uno antico, ora venuto meno: quello tra Paesi fondatori Ue e il Regno Unito, sostituito adesso da Paesi che prima muovevano nascosti sotto traccia e adesso costretti a mostrare le loro intenzioni, quelle che riemergono da territori e da popolazioni che camminano con interessi e ritmi di integrazione diversi, gelosi di loro presunte sovranità nazionali e ancora poco convinti della necessità di aumentare la coesione europea per fare fronte non solo alle nostre difficoltà interne ma, più ancora, alle tensioni crescenti nel villaggio-mondo dove, tra gli Stati Uniti in declino e la Cina in forte progressione, nonostante l’attuale rallentamento della crescita, l’Unione europea rischia di fare la fine del “vaso di coccio”.

Questa è la vera posta in palio, molto più che non la sceneggiata dei “taccagni” di fronte ai soldi del “Patto per la ripresa” in discussione sui tavoli di Bruxelles.

Franco Chittolina

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