Risorse europee, ripresa e riforma fiscale

Il Parlamento europeo
Il Parlamento europeo

STRASBURGO Il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) non contiene solo impegni di investimenti. Anzi, il documento del governo si apre con il capitolo relativo alle riforme che debbono accompagnare quegli investimenti e rispettare i vincoli stabiliti dall’Unione Europea per accedere ai fondi del Piano europeo di ripresa (Recovery fund).

In particolare evidenza nel Pnrr sono la riforma della pubblica amministrazione, quella della giustizia e molte pagine sono dedicate a queste due straordinarie sfide per un Paese come il nostro, dove bisogna anche mettere mano a riforme che il Pnrr chiama “abilitanti”, come quelle della semplificazione della legislazione e la promozione della concorrenza, un “principio cardine dell’ordinamento dell’Unione Europea”. A queste riforme il documento dedica una buona trentina di pagine, riservandone solo una scarsa alla riforma fiscale.

Una scelta che non sorprende più di tanto quando si sa quanto grande sia la prudenza della politica ad affrontare il tema di fronte all’accusa di “mettere le mani nelle tasche” dei cittadini.

Ne abbiamo avuto prove recenti quando si è trattato di ridurre l’imposizione fiscale sul lavoro e nel tentativo non riuscito di Draghi di dare vita a una “tassa di solidarietà” a carico dei redditi più alti per alleggerire il “caro bollette”. In entrambi i casi si sono acuite le tensioni all’interno della maggioranza con una netta spaccatura tra la sinistra favorevole al contributo di solidarietà e la destra che ha colto l’occasione per evocare lo spettro di una patrimoniale. Quanto alla riforma fiscale complessiva, l’intesa raggiunta dal governo ha prudentemente rinviato al 2026 l’adozione finale, non si sa con quale maggioranza e con quali modifiche parlamentari.

Ma si sa: il fisco è materia così importante e complessa e la politica si avvale dell’arte del rinvio, sperando che la decisione finale non influisca sui risultati elettorali, i quali in una Paese come il nostro si succedono a un ritmo sostenuto ed è difficile trovare lo spazio per far atterrare la riforma senza pagarne il prezzo.

Eppure il Pnrr ritiene questa riforma centrale e dice chiaramente che «è tra le azioni chiave per dare risposta alle debolezze strutturali del Paese e in tal senso è parte integrante della ripresa che si intende innescare anche grazie alle risorse europee».

Il cantiere fiscale andrà riaperto con una visione globale per rimediare alla molteplicità e alla frammentazione delle misure che si sono accumulate nel tempo e che hanno prodotto risultati non proprio brillanti, con grave rischio di equilibrio con riferimento a una giustizia distributiva, in particolare per il non rispetto della progressività dell’imposizione fiscale nei confronti dei più abbienti, come richiesto dall’articolo 53 della nostra Costituzione.

C’erano una volta la Svezia e il Parlamento europeo
Franco Chittolina, sociologo, ha lavorato per 25 anni nelle istituzioni europee

Sullo sfondo di questa problematica di difficile soluzione e di grande sensibilità politica si profila il mantra delle «tasse che non devono essere aumentate» perché «non è il momento di prendere ma di dare», come affermato a più riprese anche dal presidente del Consiglio, Mario Draghi. Dirà il futuro se queste promesse saranno mantenute e come potranno esserlo, vista l’attuale giungla fiscale italiana.

La strada da seguire sarà probabilmente quella di mantenersi attorno alla soglia attuale di imposizione fiscale globale, ma rivedendone la distribuzione con la conseguenza che vi sarà chi pagherà di meno e chi di più.

Il tutto senza dimenticare quello che il Pnrr, parlando degli obiettivi della riforma fiscale, liquida in una riga: «Il perseguimento di questo ambizioso obiettivo richiede di proseguire con determinazione l’azione di contrasto all’evasione fiscale».

Sante parole.

Franco Chittolina

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