L’esercito dei 900mila insegnanti: in maggioranza donne e over 50 (REPORTAGE)

L’esercito dei 900mila insegnanti: in maggioranza donne e over 50 (REPORTAGE)

LA RICERCA Gli insegnanti: anche se il loro ruolo viene spesso sottaciuto – e in Italia risultano sottopagati – sono figure essenziali nel percorso di crescita dei giovani. Anche perché, insieme ai genitori, sono le persone adulte più presenti nella loro vita.

Potersi confrontare con insegnanti motivati e appassionati può rappresentare una occasione importante per ragazze e ragazzi: possono aiutarli a sviluppare consapevolezza, un pensiero critico su ciò che accade, ma anche supportarli nell’esprimersi e nel trovare la propria strada. Perché, se la scuola è il luogo per eccellenza in cui apprendere nozioni e concetti importanti, dovrebbe essere anche il centro della formazione nel senso più ampio del termine. La piattaforma di ricerche Openpolis, in collaborazione con il progetto sociale Per i bambini, ha pubblicato la scorsa settimana un approfondimento. La prima domanda a cui si cerca di rispondere è questa: chi sono i docenti italiani? A emergere, rispetto agli altri Paesi europei, sono una serie di criticità. Nei diversi ordini e gradi, secondo i dati dello scorso anno scolastico, si parla di un esercito di circa 700mila persone. A questi, si aggiungono circa 184mila docenti assegnati ai posti di sostegno. Nel dettaglio, poco più di 101mila insegnanti lavorano nelle scuole dell’infanzia, 300mila nelle primarie e oltre mezzo milione nelle secondarie di primo e di secondo grado, cioè alle medie e alle superiori. In media, nelle scuole, i posti di sostegno rappresentano circa il 20 per cento dell’organico: una quota che sale al 23,9 per cento nelle primarie, mentre risulta molto più bassa all’infanzia (18,25 per cento) e alle superiori (15,92).

IL SESSO

A livello contrattuale, gli insegnanti delle scuole statali lavorano a tempo indeterminato nel 76,6 per cento dei casi, con uno scostamento che va dall’84,3 per cento dell’infanzia al 70,4 per cento delle medie. Una professione, quella dell’insegnante, che vede in cattedra più donne che uomini, con il picco all’infanzia, dove il 99,17 del personale è composto da maestre. Alle superiori, la quota rimane maggioritaria, ma scende a circa due terzi del totale, con il 65,8 per cento di docenti donne e 34,21 per cento di uomini. All’università, poi, il dato si inverte, con un insieme di professoresse minoritario rispetto a quello dei colleghi uomini.

Scrive Openpolis: «La sovrarappresentazione delle insegnanti nei sistemi primari, che cala fino a diventare minoranza in quelli superiori, riguarda molti sistemi educativi a livello internazionale, ma nel nostro è ancora più evidente». Per esempio, se in Italia la quota di donne che insegnano nei livelli terziari si ferma al 37,75 per cento, la media europea raggiunge il 44,15 per cento, con quasi dieci punti in più rispetto al nostro Paese.

Un altro dato che distingue il nostro sistema educativo da quelli europei è legato all’età dei docenti: in Italia, gli insegnanti con meno di 35 anni sono il 9 per cento del totale. Alle medie, si arriva all’11,8 per cento, rispetto al 30,3 per cento di docenti over 54. Alle superiori, i docenti con il maggior grado di anzianità rappresentano quasi il 40 per cento del totale, rispetto al 10 per cento degli under 34, il 20 per cento di chi è collocato nella fascia tra 35 e 44 anni e il 31 per cento di chi ha tra 45 e 54 anni.

Proseguono i ricercatori di Openpolis: «Si tratta di dati che collocano il nostro Paese ai vertici in Europa per anzianità del corpo docente: se guardiamo alle cifre complessive, in Italia il 58 per cento degli insegnanti delle primarie e il 58 per cento delle secondarie hanno più di 50 anni. In Germania, si parla rispettivamente del 36 e del 42 per cento, e in Francia del 23 e del 33 per cento». La media a livello europeo, in effetti, è del 32,6 per cento alla primaria e del 37,9 per cento alla secondaria.

LA QUALITÀ

Il punto di vista di Openpolis non riguarda la qualità dell’insegnamento, che certamente prescinde dall’età, ma si focalizza piuttosto sulle differenze tra i diversi sistemi, nella misura in cui sono in grado o meno di incentivare e favorire l’ingresso delle nuove leve. Senza dimenticare che, a livello scolastico, l’incontro tra docenti con esperienza e altri più giovani rappresenta un punto di forza per entrambe le parti, con ricadute positive sull’offerta formativa.

Ma il dato dell’Italia è ancora meno positivo: se è vero che il 9 per cento del corpo docente italiano ha meno di 35 anni, si scende al 2,36 per cento se si considerano solo i docenti con contratto a tempo indeterminato, cioè con una posizione lavorativa stabile. In questo scenario, Cuneo arriva al 5,51 per cento, con 6.790 insegnanti a tempo indeterminato, di cui solo 374 sono under 35: una quota che, per quanto molto contenuta, risulta essere la migliore tra tutte le province italiane. In ordine, seguono Udine (4,42 per cento) e Brescia (4 per cento). Le situazioni peggiori sono al Sud e nelle isole, con 7 province in cui solo l’1 per cento degli insegnanti a tempo indeterminato è giovane, come a Messina e Cagliari.

Laura Temistocle: gli studenti desiderano essere considerati come singoli individui

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LA STORIA L’albese Laura Temistocle, classe 1992, ha trovato nell’insegnamento la sua strada. Fa dunque parte del piccolo stuolo di docenti cuneesi under 35. Il suo percorso formativo è iniziato con la maturità classica al liceo Govone, per poi proseguire con la laurea in lettere classiche a Torino.

«Dopo la laurea, anziché iniziare subito con l’insegnamento, ho deciso di vivere due esperienze formative all’estero, a Lisbona e a Cipro: è stata un’occasione anche per entrare a contatto con realtà diverse e per imparare meglio l’inglese», spiega la giovane docente, oggi di ruolo al liceo artistico Pinot Gallizio di Alba, dove insegna lettere, geografia e storia. «Sono approdata nel mondo della scuola nel 2017 e per me è iniziato il periodo delle supplenze: significa spostarsi in diverse scuole della provincia, passando dai licei agli istituti tecnici e professionali: devo dire che sono stati anni utili dal punto di vista professionale, perché mi hanno permesso di conoscere ambienti molto diversi e di capire meglio le esigenze dei ragazzi».

Temistocle è arrivata al Gallizio lo scorso anno. Ecco le sue parole: «Sono entrata di ruolo con il concorso straordinario indetto nell’agosto del 2020, a cui è seguito un primo anno di prova. Nel frattempo, ho anche superato il concorso ordinario, che mi ha abilitata all’insegnamento del latino, una possibilità che senza dubbio potrei sfruttare in futuro».

Oggi la giovane professoressa insegna in tre classi: due seconde, che ha già seguito lo scorso anno, e una quinta. «Essere una giovane docente, da un certo punto di vista favorisce il dialogo con gli studenti, che percepiscono meno il distacco generazionale. Dall’altro lato, mi rendo conto ogni giorno di come l’insegnamento si apprenda solo sul campo, attraverso l’esperienza: per questo, cerco di affrontare tutte le sfide con serenità e di imparare sempre qualcosa di nuovo».

E le sfide non mancano, lavorando a contatto con ragazze e ragazzi ricchi di risorse e a volte anche di fragilità. Ancora Temistocle: «In generale, i giovani esprimono il desiderio di essere considerati a livello di singoli individui, dal lato umano. Purtroppo la pandemia da Covid-19 e la didattica a distanza hanno lasciato alcuni strascichi dal punto di vista della formazione e non solo, basti pensare all’ansia che alcuni studenti manifestano ogni volta che devono affrontare una prova in classe. Ma trovo che le nuove generazioni siano ricche di risorse e che il compito di noi insegnanti sia fornire loro gli strumenti per valorizzarle. Per esempio, se spesso si punta il dito contro di loro per il modo in cui utilizzano i social, anche questo aspetto della vita può diventare una competenza da condividere».  

Giorgia Boarino: «Lo scambio di competenze tra generazioni diverse è una ricchezza per la scuola e per i nostri bambini»

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LA STORIA «L’idea di insegnare è stata una costante nella mia vita, fin da quando ero bambina. Così, ho sempre orientato le mie scelte in questa direzione». Lo dice Giorgia Boarino, ventiseienne albese, da quest’anno di ruolo alla scuola primaria Umberto Sacco, che fa parte dell’istituto comprensivo della Moretta. Da settembre, ha iniziato il suo anno di prova, dopo aver lavorato nella stessa scuola già lo scorso anno, per una supplenza. Ancora Giorgia: «Dopo il diploma in scienze umane, mi sono iscritta alla facoltà di scienze della formazione primaria a Torino, fino alla laurea nel giugno del 2020, nei cinque anni previsti: proprio perché ho sempre avuto le idee molto chiare, mi sono concentrata sull’università al massimo, così da finire senza ritardi».

Dopo due anni di supplenza e il superamento del concorso per l’insegnamento, Boarino è entrata di ruolo: «Sono stata fortunata, perché il concorso non si è fatto attendere molto. Devo dire che la nostra provincia, soprattutto alla primaria, offre parecchi posti per insegnare. Certo, ci vogliono impegno e costanza». Ma, una volta in cattedra, il mestiere prende forma: «Essere una giovane insegnante, che ha da poco terminato il percorso universitario, può essere un punto di forza: si è molto motivati e pronti a mettersi in gioco, portando in classe strumenti e strategie innovative».

Inoltre, lo scambio intergenerazionale è una ricchezza. «Se un giovane può portare con sé anche le novità dell’insegnamento, senza dubbio un docente con maggiore anzianità può condividere la sua esperienza: da questo punto di vista, il lavoro in gruppo può diventare davvero una risorsa per la scuola, favorendo il dialogo tra le diverse generazioni».

Ma sono i bambini i protagonisti della scuola. Boarino: «Quest’anno insegno matematica e scienze a una quinta: in questo momento ho di fronte alunni che, per certi versi e per via di tutto il mondo che li circonda, sono più adulti di quanto ci si possa aspettare. Ma allo stesso tempo rimangono bambini: una delle sfide poste a noi insegnanti è fare dialogare questi due aspetti».

Alessandro Bottaini, da Ravenna al Cillario Ferrero: appena 21 anni e tanta voglia di coinvolgere i ragazzi nello studio

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LA STORIA A volte, per inseguire i propri sogni, bisogna essere disposti a qualche sacrificio, come allontanarsi da casa e vivere esperienze nuove e non sempre facili. Lo sa molto bene Alessandro Bottaini, appena 21 anni, docente all’istituto professionale Cillario Ferrero, sia nella sede di Neive che di Alba. Originario di Ravenna, si è spostato in Piemonte per lavoro. Il suo è un contratto annuale ed è stato ammesso all’insegnamento nonostante la giovane età: negli istituti professionali vale infatti la regola per cui si può insegnare anche con il solo diploma, conseguito nello stesso indirizzo scolastico per il quale si chiede la docenza.

Il professor Bottaini ha tentato questa strada quasi per caso e oggi fa parte dei tanti giovani insegnanti che si spostano in altre regioni, a seconda dei posti disponibili. Prima di Alba e Neive, dove insegna accoglienza turistica e ha anche un sostegno, ha già fatto scuola per un anno a Dronero e per tre mesi a Barge.

Le sue parole: «Quando sono stato chiamato per insegnare in provincia di Cuneo, non ci credevo: avevo tentato questa strada senza troppe speranze e sono stato colto alla sprovvista. Nonostante i dubbi, mi sono buttato e oggi posso dire di essere molto felice dell’esperienza». Il giovane insegnante ha fatto richiesta per la Granda, «perché è una zona con più posti e meno docenti rispetto alle grandi città, soprattutto perché non è molto ben collegata a livello di trasporti e ci sono molti piccoli paesi».

In pratica, anche per chi è all’inizio e con un punteggio basso nella graduatoria, ci sono buone possibilità di entrare in classe. «Mi sono trovato bene, anche se mi mancano le dinamiche da città: Alba è sicuramente più movimentata rispetto ai paesi». Nel frattempo, dopo le superiori, Bottaini si è iscritto alla facoltà di scienze politiche. «Ma oggi posso dire di aver trovato, grazie a queste esperienze, la mia strada: insegnare, con l’obiettivo di avvicinarmi sempre di più a casa».

Prosegue Bottaini, riferendosi agli studenti: «I miei ragazzi sembrano apprezzare le lezioni che propongo, anche perché forse mi vedono molto vicino a loro. Com’ero io fino a poco tempo fa, a volte sono dubbiosi per il futuro e cercano riferimenti: vorrei riuscire a coinvolgerli sempre meglio, a stimolarli e a incentivarli a studiare. Insomma, spero davvero di essere per ognuno di loro un buon insegnante».

 Francesca Pinaffo

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