ABITARE IL PIEMONTESE Questa settimana parliamo di un avverbio che permette di raccontare meglio un fatto improvviso, repentino: giravoltà. È vero che da qualche parte si dice giravotà o viravoltà, ma come sempre e per un fatto di onestà intellettuale utilizzo la versione a me più familiare: il significato non cambia! È interessante piuttosto quanto un accento cambi in modo considerevole il significato della parola; in italiano esiste infatti la parola giravolta, ma la sua definizione è “agile o spettacolare movimento rotatorio impresso a un corpo” oppure “mutamento improvviso di una opinione o di un programma”.
Per quanto la parola giravoltà piemontese sia comprensibile anche a un forestiero, si pronuncia diversamente da giravolta italiano soprattutto per quell’accento finale e per il significato che lo distingue. Resta però curioso che la parola sia composta a sua volta da due parole tra loro simili, oltre che sinonime (girare e voltare). È lampante che la famiglia lessicale sia latina, con la parola gyrum (giro, cerchio, circuito) di origine greca e dal verbo derivato latino medievale gyrare (andare in giro, muovere in giro). Anche in provenzale c’è un’espressione che ricorda il nostro giravoltà: viro vooù (a ogni cantonata).
Giravoltà può quindi avere più significati, senz’altro intuibili dal contesto: può significare “di tanto in tanto, spesso, frequentemente, sistematicamente, in ogni caso”, ma anche “improvvisamente, di punto in bianco”. Qualche esempio: giravoltà o ven a ciamé cheicòs (di tanto in tanto viene a chiedere qualcosa); giravoltà son tȓovamje aȓ fond d’o let (da un momento all’altro me li sono trovati al fondo del letto); giravoltà o dis na tavanàda (sistematicamente dice una sciocchezza). Giravoltà: una semplice parola, sintetica, magari transitoria, ma dall’espressività unica!
Paolo Tibaldi
