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Fondazione don Gianolio s’interroga sulle nuove frontiere del lavoro

Fondazione don Gianolio si interroga sulle nuove frontiere del lavoro 3

ALBA A un anno di distanza dal suo battesimo martedì 21 novembre, ospitati da Associazione commercianti albesi,  la fondazione don Gianolio Ets ha tenuto una conferenza che ha visto al tavolo dei relatori il sociologo ed editorialista de Il sole 24 ore Aldo Bonomi con il ricercatore Salvatore Cominu, rispettivamente fondatore e ricercatore del consorzio Aaster, discutere con Olindo Cervella e Fulvio Baratella, rispettivamente presidente e vice della fondazione, con la moderazione del giornalista Roberto Fiori de La stampa.

Nei saluti iniziali Giuliano Viglione, presidente Aca, e il sindaco di Alba Carlo Bo hanno ricordato il ruolo fondamentale che don Giovanni Battista Gianolio ha avuto per il nostro territorio sui temi del lavoro, della formazione, della creazione di competenze e dell’inclusione sociale.

Cervella e Baratella hanno spiegato che la fondazione è intitolata a don Gianolio proprio perché ha come mission quella di perpetrare quegli stessi obiettivi ma in un nuovo contesto socio-economico e culturale come quello attuale. È’ nata per dare una risposta al disallineamento fra domanda e offerta di lavoro e per cercare di offrire una possibilità alle persone «nate con sogni e buoni propositi ma pochi mezzi».

Don Gianolio, prete controcorrente, visionario e illuminato, aveva ispirato Giovanni Ferrero e Giuseppe Miroglio quando negli anni ’50 del secolo scorso decisero di costruire nuove abitazioni per i dipendenti Miroglio e il villaggio Ferrero. Crearono un innovativo rapporto fabbrica/territorio, una “piattaforma sociale” che ha favorito l’integrazione e la crescita di un capitale umano dotato di competenze, precursori (insieme ad Adriano Olivetti) di quello che Bonomi ha definito «capitalismo dolce».

Una mano agli operatori socio sanitari

La fondazione don Gianolio ha già iniziato i primi piccoli passi in questa direzione in un momento storico in cui la natalità è un terzo di quella di allora e l’immigrazione non è più dalle regioni meridionali dell’Italia ma da nazioni straniere. Ad esempio ha emesso un bando per chi vuole qualificarsi come operatore socio sanitario e che, dovendo affrontare spese di trasporto e una tassa di iscrizione importante, avrebbe avuto difficoltà ad accedere al corso e sta dando supporto a svariati minori meritevoli non accompagnati che ora potranno portare a termine con profitto la scuola dell’obbligo conseguendo un titolo di studio spendibile nel mondo del lavoro.

In un cambio totale del paradigma del lavoro, non si tratta di contributi fini a sé stessi, ma di modalità orientate ad attrarre nuovi profili e nuove competenze nel nostro territorio.

Agevolare chi sceglie di spostarsi per studiare o trovare lavoro, ma anche trovare una soluzione agli squilibri abitativi per chi arriva da più lontano cercando di favorire una tutela ed una facilità di accesso all’abitazione a prezzi calmierati. In un contesto sociale connotato da sempre meno nascite e che, soprattutto nel post pandemia, vede prendere piede nuove consapevolezze e scelte di vita come le “grandi dimissioni” e “si vive una volta sola”, è fondamentale attrarre nuovi lavoratori e consolidare chi c’è accogliendo e includendo.

Con questi obiettivi la fondazione don Gianolio continuerà le azioni di raccolta fondi e collaborerà con un soggetto gestore che si occuperà di far emergere e reperire alloggi sfitti per soluzioni di co-housing, tipo studentato, interagendo con agenzie immobiliari, privati e cooperative sociali quando fossero necessarie azioni di accompagnamento.

Guardare alla persona e al migrante

Salvatore Cominu ha poi commentato i risultati di una ricerca campione svolta dalla fondazione don Gianolio partendo dalla considerazione che il “bacino” delle persone in cerca di lavoro si sta prosciugando con un trend inarrestabile ed è inevitabile usare l’immigrazione come compensazione. Le imprese sono passate dal “non trovare le persone giuste” a “non trovare le persone” mentre si continua a parlare di “mercato del lavoro” in modo inappropriato, in quanto la “merce” sono persone che pensano, hanno valori e desideri. Il disallineamento ci obbliga a guardare alla persona e al migrante, trovando la capacità di recuperare la radice storica del nostro territorio per «saper guardare al di fuori dei muri dell’impresa» citando Aldo Bonomi.

Proprio Bonomi ha continuato il dialogo ribadendo la necessità di «ricordare il futuro» un ossimoro che rende bene il concetto di partire da quello che ha fatto don Gianolio proiettandolo in avanti fino a costruire un «intelletto collettivo sociale», una nuova coalizione di territorio che ai giorni nostri non deve aspettare un prete santo che si metta in mezzo, ma deve trovare i mezzi e le sinergie per agire di concerto, tutti insieme.

Dai dati in nostro possesso è evidente che non si tratta di una transizione, bensì di una vera e propria metamorfosi, un salto d’epoca. Bisogna capire che per le aziende il “fordismo dolce” che ha caratterizzato il territorio di Alba Langhe e Roero (e che ne ha fatto la sua fortuna) oggi non basta più.

Dal concetto di territorio, inteso come dimensione socio politico ed economica, si deve ora passare a quello di “piattaforma” che non è un “distretto allargato” ma piuttosto un capitalismo delle reti che coinvolge abitazione, servizi e inclusione per arrivare a costruire un nuovo intelletto collettivo sociale.

Bonomi rimarca inoltre che bisogna confrontarsi con le nuove immigrazioni: «saremo capaci di reagire con una cosa diversa dal “non si affitta ai terroni” di 70 anni fa? Bisogna essere attrattivi per i giovani. Bisogna ricostruire la piattaforma sociale di Don Gianolio adattandola ai tempi e proiettandola nel futuro».

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