Il Paese arranca. Il nuovo Esecutivo guidato da Mario Monti ha varato una dolorosa manovra per risanare i conti pubblici italiani, ora in discussione al Parlamento, ma la situazione è incerta. Che cosa accadrà da noi? La Granda avrà la capacità di reagire alla recessione? Abbiamo posto alcune domande alla presidente di Confindustria Cuneo, l’albese Nicoletta Miroglio.
Presidente, è appena uscita l’indagine congiunturale di previsione del quarto trimestre 2011. Come giudica la situazione?
«La produzione industriale è scesa, l’export si è bloccato, la cassa integrazione risale, vuol dire che il “sistema Italia” non funziona. La manifattura è ferma. Fortunatamente ci sono aziende d’eccellenza che funzionano: sono aziende mediopiccole, che vantano unicità del prodotto e innovazione».
E il morale delle aziende?
«Parlerei di sfiducia generale di imprenditori e lavoratori. Sia il singolo che le famiglie non sono più in grado di fare piani per il futuro».
Pensa che i lavoratori debbano preoccuparsi?
«Pur nel clima di difficoltà che sentiamo, c’è situazione e situazione. Nessuno può essere escluso dalla preoccupazione generale, imprenditori e lavoratori. Saremo chiamati tutti a grandi sacrifici».
Come si sta comportando secondo lei il Governo?
«Dal punto di vista delle imprese, la nuova manovra contiene misure che possiamo giudicare positivamente. In primis, l’intervento sull’Irap, un’imposta per la cui abrogazione Confindustria da tempo si batte, ritenendola ingiusta soprattutto perché colpisce le industrie a elevato tasso di manodopera. La stessa valenza positiva va attribuita agli sgravi fiscali per le imprese che aumentano il proprio patrimonio. Altrettanto positivo è il rafforzamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Ma il “pacchetto crescita”, vale a dire quell’insieme di misure che da tempo vengono invocate da Confindustria per uscire dal tunnel della “crescita zero” è a n c o r a l a r g a – menteinsufficiente. Il prelievo fiscale rimane insostenibile e da questo punto di vista ci attendiamo altre forti misure, a partire dalla riduzione del cuneo fiscale. Siamo consapevoli che siamo di fronte a una manovra pesante, che pure andava fatta, anche se provvedimenti come l’aumento dell’Iva penalizzeranno fortemente i consumi, in un momento di crisi già pesante. Anche l’intervento sulle pensioni, seppur doloroso, era inevitabile, perché i trend demografici lo rendono un percorso obbligato per allinearsi agli altri Paesi europei ».
Come giudica l’uscita della Fiat da Confindustria?
Teme che altre aziende anche di casa nostra possano seguire l’esempio di Sergio Marchionne? «È stato un gesto per salvare una parte dell’azienda. Questo esempio può essere seguito. Le aziende, soprattutto meccaniche, stanno osservando le mosse di Marchionne per vedere come andrà a finire».
Che cosa si dovrebbe fare per migliorare la situazione nelle aziende?
«Come in tutti i momenti di difficoltà, andare più in profondità con grande umiltà nei problemi dell’azienda, continuare a lottare, richiedere a tutta la forza dirigenziale una variabilizzazione degli stipendi commisurata ai risultati, far emergere la meritocrazia, operare più coinvolgimento di tutte le maestranze, lavorare sul controllo di gestione conpiù attenzione ai costi ed essere innovativi e propositivi».
La nostra provincia e la nostra regione sono tra le più ricche del Paese: il federalismo fiscale, potrebbe essere uno dei fattori di svolta per la ripresa?
«In parte sì, ma serve ancora una volta più trasparenza e professionalità e meno poltrone ».
La delocalizzazione è alle spalle o no?
«La delocalizzazione è uno strumento per l’impresa di ridurre il costo del lavoro e raggiungere nuovi mercati. Bisognerebbe mantenere una manifattura Italia, pur tenendo in considerazione le opportunità dei mercati esteri».
Che cosa si sentirebbe di consigliare a un giovane imprenditore intenzionato a iniziare un’attività? «Idee, coraggio, buona volontà e spirito di sacrificio».
Cristian Borello