QUARANTENA/4 Pensi che questo periodo abbia cambiato per sempre il tuo modo di percepire gli eventi o che, pian piano, tutto tornerà come prima?, abbiamo chiesto ai lettori con il nostro sondaggio. «Qualcosa è già cambiato in modo indelebile», ha risposto il 73% di loro.
La quarantena, dunque, non si costituisce più come una condizione provvisoria e temporanea, ma come una linea di demarcazione netta tra prima e dopo. L’impianto socioeconomico e le stesse strutture di pensiero con cui le persone interpretano la realtà sembrano destinate alla metamorfosi. Quando, poi esploriamo l’emozione vissuta nei giorni di blocco forzato, la prima risposta, con il 37% circa, è la sensazione di «attesa e sospensione»; di seguito: «preoccupazione per gli altri» (26%), «ansia» (22); «serena accettazione» (20), «confusione» (12), «paura» (11), «rabbia» (10), «tristezza» (13) e «solitudine» (10).
Dai dati emerge un quadro chiaro: solo uno su 5 riesce ad attraversare con fluidità l’allontanamento sociale e la ridotta mobilità. Gli altri oscillano nella gamma di emozioni “difficili”. Eppure, come insegna la tradizione, la sofferenza non è indesiderabile o da eliminare. Dietro ogni periodo negativo esistono opportunità di crescita, se il dolore non viene negato o evitato ma vissuto in modo coraggioso. «Che cosa ti è mancato di più finora?», abbiamo insistito. Sceglie la «sensazione di libertà» il 38% del campione, «vedere i familiari» il 34%, «uscire e svago» il 27%, «vedere gli amici» il 25%, «viaggiare» il 12%, «correre nella natura» il 12%, «lavorare» l’11%.
È l’ultima percentuale a colpire di più: sembra che l’occupazione non rappresenti una priorità esistenziale, un elemento cruciale per la vita delle persone rispetto a quello degli affetti e della libertà. Pare che in una cultura in cui l’efficienza domina la scena sociale gli individui mantengano il desiderio di alternativa, improduttiva dal punto di vista materiale ma capace di concentrare la vita pure lungo linee di vicinanza e solidarietà.
r.a.
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