IL PERSONAGGIO Michele Coppino non è stato ricordato affatto, come ha suggerito il nostro giornale la scorsa settimana, nell’anno del bicentenario dalla nascita. L’illustre albese nacque infatti il 18 aprile 1822 nell’attuale via Cavour 16, come ricorda una lapide postavi cent’anni fa. Figlio del calzolaio Giovanni e della sarta Maria Mancardi, è avviato allo studio della grammatica e del latino e poi prosegue in Seminario con gli studi ginnasiali. Dopo i primi due anni di teologia, riesce a iscriversi alla facoltà di lettere dell’Università di Torino grazie a una borsa di studio, laureandosi nel 1844. Divenuto professore di retorica, insegna in vari collegi. Vince poi un concorso e ottiene una cattedra all’Università di Torino, rimanendovi fino al 1884. Nominato rettore nel 1868, mantiene l’incarico per due anni. Sposa la torinese Carolina Marchese, madre delle sue figlie Maria e Laura, nell’anno della proclamazione del Regno d’Italia. Il primo impegno politico è rappresentato dalla campagna elettorale del novembre 1857 come candidato alla Camera per il collegio di Alba: al ballottaggio perde con il marchese Carlo Alfieri di Sostegno. Si ripresenta nel marzo 1860, questa volta con esito positivo.
Rieletto dopo l’unità d’Italia, si avvicina al centrosinistra di Urbano Rattazzi. Dopo la nomina a vicepresidente della Camera, nel 1867, assume l’incarico di ministro della pubblica istruzione nel secondo Esecutivo Rattazzi. Dopo una nuova nomina a vicepresidente della Camera, il 25 marzo 1876 ridiventa ministro dell’istruzione pubblica nel Governo Depretis, il primo della sinistra storica e, come capo di gabinetto sceglie l’albese Ferdinando Bosio. Riottiene l’incarico per i successivi due Esecutivi a guida Depretis, fino al 1879; poi, ininterrottamente, dal 1884 al 1888, tre volte con Depretis e una con Crispi. Come ministro dell’istruzione promuove la legge Coppino del 15 luglio 1877. Il provvedimento porta la scuola elementare da quattro a cinque anni, rendendo la frequenza dei primi tre obbligatoria e gratuita. Alla stesura del testo collabora anche il pedagogista Aristide Gabelli, esponente del positivismo. Rispetto alla legge Casati del 1859, sono introdotte sanzioni effettive peri genitori che non la rispettano. E, sei anni dopo la presa di Roma, taglia i fili con l’educazione religiosa, rendendola scuola pubblica aconfessionale, eliminando gli insegnamenti religiosi e introducendo l’educazione civica.
Nella seconda parentesi ministeriale vanno ricordati i benefici economici a favore dei maestri, la riorganizzazione degli asili e dell’istruzione secondaria classica. Si dimette da ministro nel febbraio 1888, dopo il respingimento del disegno di legge che voleva riorganizzare il ruolo dello Stato nella difesa del patrimonio artistico. Continua a impegnarsi anche per gli istituti superiori albesi e muore a villa Rivoli di Alba, come deputato in carica, il 25 agosto 1901. Gazzetta d’Alba del 31 agosto gli dedica la prima pagina, dando risalto a quanto fece in vita, ma attaccando alcune sue scelte: «Se molte verità uscirono dal suo labbro, non poche altresì furono le espressioni che rivelavano in lui il tipo del vero liberale», si legge. Segno di un conflitto molto ampio tra la Chiesa e lo Stato, iniziato dopo la presa di Porta Pia e che ebbe, nello scontro tra i liberali e i cattolici, una delle massime espressioni.
Davide Barile