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Nell’Albese-Braidese il lavoro incrementa ma spesso è precario

Produrre costa di più: le aziende nella morsa di metano ed energia (INCHIESTA)

IL REPORTAGE «Che cos’è il lavoro per me? In alcuni momenti è stato rifugio da una vita familiare molto difficile, in altri semplice strumento di sopravvivenza adoperato malvolentieri oppure ancora modo per realizzarmi e sentirmi valido. In questo momento lo vivo in maniera nuova, adulta: con il lavoro tento di vivere, è uno strumento tra i tanti che ho per dire ciò che sento». La storia di Diego – 33 anni, vive ad Alba con la compagna e il figlio – sembra racchiudere le differenti anime di un momento storico caratterizzato da crescente precarietà occupazionale, livelli retributivi insufficienti, scarse possibilità di mobilità tra le mansioni.

Diego: «Prima lavoravo come operaio in un’azienda alimentare. Eseguivo gesti meccanici, mi sentivo alienato e non avevo tempo di fare niente la sera quando tornavo a casa, perché ero stanchissimo. Così, a 25 anni, mi sono iscritto all’università e ho preso la laurea triennale in lingue. Ho poi iniziato a lavorare nel campo della comunicazione e finalmente ho trovato tempo, soddisfazione e possibilità di esprimermi. Ma qualcosa ancora non funzionava. C’era un pezzo di me inespresso, inascoltato. Allora, ho seguito la mia voce interiore, quella che fin da bambino mi spingeva a scrivere storie: nel tempo libero compongo narrazioni per adolescenti, che cerco di pubblicare. Non posso ancora vivere grazie a questa occupazione, ma devo dire che mi sento molto bene, a prescindere dai risultati. Creare è stupendo. Il rapporto con il lavoro è cambiato; metto me stesso al centro, cerco di gestire la paura economica e mi sento più maturo e coraggioso. Un consiglio ai giovani? Lavorate dal punto di vista emotivo su queste tematiche, visto che la nostra generazione andrà in pensione molto tardi».

l’agenzia regionale

Eppure, non tutti possono permettersi di seguire l’esempio di Diego, sperimentando diversi percorsi e abbandonando le certezze oppure avviando altri studi in età non scolare. Dopo due anni di pandemia molti hanno perso il lavoro o le risorse economiche, riducendo il proprio reddito disponibile o la propria rete di supporto. Le disuguaglianze crescono e la base d’individui costretta ad attività che non ama è in crescita.

Eppure, negli ultimi mesi qualcosa sta cambiando. L’agenzia Piemonte lavoro, ente strumentale della Regione che coordina i Centri per l’impiego, ha prodotto per Gazzetta d’Alba un’analisi che confronta i dati del primo semestre 2022 con quelli dello stesso periodo dell’anno precedente: dalla ricerca emergono segnali indicativi di un mondo in cambiamento.

17.500 assunti

Nel bacino di Langhe e Roero da gennaio a giugno di quest’anno le persone assunte sono state 17.500, per un totale di 23.100 contratti (circa 128 al giorno), con un +15,8% rispetto al 2021. Sebbene risultino in incremento anche le cessazioni – che raggiungono la cifra di 18mila, +18% sull’anno precedente – il computo globale rimane positivo. Aumentano pure i rapporti di lavoro stabile (oltre tremila, con un +16%) e le persone interessate a trovare impiego, circa 17.300 in totale (+8,6%), così come le aziende coinvolte dal Centro per l’impiego (oltre 3.700, +16% rispetto allo stesso semestre dell’anno precedente). Parametri che sembrano indicare un mondo in espansione sotto il profilo occupazionale.

lavoro a tempo

Eppure, tra questi numeri si fa evidente quello relativo al lavoro flessibile, caratterizzato da forme contrattuali a tempo determinato (come i rapporti a chiamata, a somministrazione, part time, eccetera). Qui si registra un aumento dell’84% rispetto all’anno precedente: una cifra che indica come l’ago della bilancia del mondo occupazionale, in coda a due difficili anni di emergenza sanitaria, stia pendendo verso forme che vanno a discapito degli addetti. Non avere una posizione certa incide infatti in modo negativo sugli scenari di salute, sul senso di speranza e sul benessere delle persone. Gli imprenditori, peraltro, a causa dell’incertezza, della paura del futuro o talvolta per un atteggiamento utilitaristico prediligono forme di assunzione meno rischiose, ma penalizzanti per il dipendente.

giovani e donne

Nell’analisi quantitativa realizzata dall’Agenzia su fonte Silp (Sistema informativo lavoro Piemonte) si osserva il buon incremento di contratti tra le donne e i giovani fino ai 29 anni, che avevano sofferto maggiormente la crisi degli ultimi due anni. In particolare sono oltre 6.400 gli under 29 che hanno sottoscritto un contratto (+18% sull’anno precedente). Questi dati mostrano che il primo semestre del 2022 ha superato il momento critico, assestando i propri valori addirittura al di sopra di quelli del primo semestre 2019, anno precedente la pandemia. Le persone che sottoscrivono rapporti di lavoro con maggiore fatica sono gli over 50, che crescono soltanto dell’1%, ma anche la fascia che ha tra 30 e 39 anni sembra procedere con maggiore lentezza (+3,6%). Inoltre, il mercato occupazionale del territorio pare privilegiare gli italiani rispetto agli stranieri non comunitari: se i contratti siglati dai primi aumentano del 64% (per un totale di 11mila), i secondi registrano un incremento del 20,8% (3.600 rapporti firmati).

l’agricoltura soffre

L’analisi di Piemonte lavoro evidenzia come l’agricoltura sia l’unico settore in sofferenza, registrando lo 0,9% in meno di assunzioni rispetto all’anno precedente (in totale i contratti siglati nel 2022 sono 5.200). Questa tendenza si conferma dall’immediato passato, accentuata in questo periodo dalla carenza di materie prime e dal loro costo. Per converso, si denota una ripresa delle attività legate a turismo e ristorazione (+46%), che incrementano non solo oltre il semestre precedente, ma anche rispetto al 2019. Gli altri settori si stanno assestando dopo la faticosa risalita dalla crisi sanitaria: il commercio segna +23%, le costruzioni +10,9%, l’industria +18,6%.

intellettuali

Infine, si osserva l’exploit delle professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, dovuto in massima parte ai contratti degli insegnanti di scuola primaria e preprimaria. La categoria delle professioni intellettuali in particolare cresce del 64%, con oltre 1.700 assunzioni, mentre l’alta dirigenza (con un totale di 38 contratti) aumenta del 22%, le professioni tecniche del 34,6% e le professioni qualificate nell’area del commercio e dei servizi del 49,2%. Caso diverso troviamo tra gli operai specializzati, richiesti dal mercato ma difficilmente reperibili. Questa categoria, con 2.100 contratti, diminuisce del 2,1%. Così, anche in parte per i conducenti di veicoli, impianti e macchinari (attività connesse strettamente alla situazione socioeconomica): qui il rialzo è “soltanto” del 7,9%.

trend in ascesa

Nel complesso, il trend generale risulta in fermento, con tutti gli indicatori in ascesa. Il mercato occupazionale acquisisce vigore nei termini di dinamicità, ma risultano pervasive precarietà e disuguaglianze. A livello regionale resta il grave problema dei Neet: ovvero i giovani tra i 15 e i 34 anni che non studiano né lavorano. Nel 2020 l’Istat conta in Italia una media di 2,1 milioni di ragazzi inattivi (tra 15 e 29 anni): sono il 23% dei giovani, quindi quasi uno su quattro; se si considera solo il Nord Italia l’incidenza scende al 17%, mentre il Mezzogiorno raggiunge il 34. In una ricerca di Ires dal titolo Giovani in salita, Luigi Bollani – Dipartimento di scienze economico-sociali e matematico-statistiche dell’Università di Torino – spiega che i Neet in Piemonte sono il 20% sia nella fascia 15-29 che in quella 15-34. È presumibile che nel nostro territorio le percentuali si attestino su cifre più contenute, ma comunque elevate: nel dossier socioeconomico pubblicato dalla fondazione Cassa di risparmio di Cuneo nell’ottobre scorso, si rileva come il tasso di inattività totale (giovani e adulti) nel 2021 in provincia fosse pari al 27%, superiore al 33% per le donne.

 Matteo Viberti

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