Abitare il piemontese: questa settimana parliamo di Ancheu

Abitare il piemontese: la prima parole del 2022 è Brusacheuȓ

ABITARE IL PIEMONTESE Tranne qualche caso circoscritto, le parole scelte per questa rubrica hanno la caratteristica della non immediata assonanza con la traduzione italiana. Quella che prendiamo in esame questa settimana è proprio ancheu (oggi) o come dicono da alcune parti, ancheuj. Nella parlata colloquiale troviamo una buona densità di esempi: ao dì d’ancheu… (al giorno d’oggi… per iniziare un discorso sulla situazione storica attuale); o ȓ’è capità d’ancheuj a doman (è successo dall’oggi al domani, ovvero improvvisamente, di punto in bianco); ancheu toca a mì, doman toca a tì (oggi tocca a me, domani tocca a te, detto in situazioni aleatorie di fortuna o sventura); tran tran lò ch’o faroma nen ancheuj, lo faroma doman (ciò che non faremo oggi, lo faremo domani, niente meno che la versione piemontese del tirare a campare).

L’etimologia della parola è latina; si tratta del sintagma Hinc (qui) + Hodie (oggi), molto simile alla condizione teatrale del qui e ora. Anche l’oggi non potrà mai essere ripetuto tale e quale, per via di condizioni sempre diverse che renderanno unico, a proprio modo, ogni giorno, ogni oggi. Altre lingue regionali annoverano una qualche declinazione della parola ancheuj. Il provenzale (anchoy, ancuel), il ligure (ancö), il lombardo (incheu, ancoi), il veneziano (ancuo). È stato sorprendente trovarne menzione addirittura nell’opera massima della letteratura italiana, la Divina Commedia; nel Canto XIII del Purgatorio, Dante scrive così: Non credo che per terra vada ancoi // omo sì duro, che non fosse punto // per compassion di quel ch’i’ vidi poi (Non credo che sulla terra viva oggi (ancoi) un uomo così insensibile da non provare compassione di fronte a ciò che vidi poi).

Mi piace concludere con un pensiero in cui mi sono imbattuto nelle settimane scorse e che vuole essere un augurio che prende spunto da oggi: Ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono. Per questo si chiama presente.

Paolo Tibaldi

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