Abitare il piemontese: la parola di questa settimana è Sansossì

Persona spensierata, inetta, dissennata, senza fastidi, talvolta priva di buon senso.

Bozza automatica 304

ABITARE IL PIEMONTESE Ci sono comportamenti tipicamente piemontesi che si possono imparare dall’insegnamento, dall’educazione, dall’esempio, dalle prove della vita: il ragionamento, l’avvedutezza, la prudenza, la diffidenza. Chi non si fornisce di questi e simili surrogati della furbizia innata, rimane un sansossì. Quanti hanno detto o si sono sentiti dire  fate furb, ët sei pȓòpi ‘n sansossì! (fatti furbo, sei proprio un ingenuo). Sansossì è un sostantivo riferito a una persona spensierata, senza fastidi; il sansossì è un buontempone, lo spensierato giocherellone, l’eterno fanciullo incapace di assumersi responsabilità. Alla civiltà piemontese, solida, laboriosa e realista,  non è concesso comportarsi così. Il giudizio suona assolutamente negativo; chi dà del sansossì a qualcuno lo ammonisce con disprezzo e compassione dandogli dell’inetto, ma in un certo senso lo invidia poiché il soggetto, non vedendo inghippi, vive spensierato.

Sansossì, è evidente, arriva dall’unione di due parole dalla sonorità francofona: sans+souci  (senza cura/preoccupazione). La voce è collocata sotto l’etimo absentia, con la specifica di provenire dalle locuzione sostantiva francese sans souci, letteralmente sans-absentia-senza e souci-sollicitare-sollecitare. La fortuna di questa parola è stata determinata da vari fattori, fra i quali emerge il fatto che Federico II di Prussia diede il nome di Sansouci al castello che si fece costruire presso Postdam verso la metà del Settecento, facendolo così entrare nella cultura europea. Una poesia di Norberto Rosa porta questo titolo, come pure il romanzo dello scrittore piemontese Augusto Monti che ebbe una discreta notorietà. In alcune parlate locali piemontesi, esiste anche il modo di dire esse ‘n sansossì a la violeta (essere un sans-souci alla violetta). Il rafforzativo a la violeta potrebbe essere generato da un sottile meccanismo retorico in quanto la violetta, intesa come profumo, suggerisce visioni di vita mondana, stravagante e raffinata, per cui il nostro spensierato si viene a identificare con il gaudente.

p.t.

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