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La finestra sull’eterno che non si può chiudere

PENSIERO PER DOMENICA – XVII TEMPO ORDINARIO – 28 LUGLIO

Tutti i leader religiosi hanno insegnato ai loro discepoli come rivolgersi a Dio, cioè a pregare. Lo hanno fatto anche Abramo e Gesù, padri dell’ebraismo e del cristianesimo. Nelle letture della XVII domenica (Gen 18,20-32; Lc 11,1-13) c’è una sintesi del loro insegnamento.

La finestra sull’eterno che non si può chiudere
Gesù con i discepoli prega il Padre, miniatura franco-fiamminga del XVI secolo (dal breviario Grimani).

Pregare è un bisogno dell’uomo. La storia dell’umanità offre infinite testimonianze. La preghiera come grido, come invocazione di aiuto nel momento del pericolo è un istinto dell’uomo: viene prima della ragione e della stessa fede. Ricordiamo l’invocazione dello scrittore Dino Buzzati: «Dio, che non esisti, ti prego!», o un articolo di parecchi anni fa in cui il giornalista Eugenio Scalfari invitava a non toccare il testo del Padre nostro: «Questa preghiera è una finestra sull’eterno. Non chiudetela, anche se oltre non c’è nulla!». Viene da chiedersi se la nostra crescente incapacità di pregare, se la scomparsa del bisogno di pregare non siano un segnale inquietante del mutamento antropologico in atto.

Meglio la quantità o la qualità? Le letture suggeriscono che questo è un falso dilemma. Forse si potrebbe rispondere che la cosa migliore è la continuità. In effetti, la continuità ci fa crescere dal punto di vista umano, come il cibo consumato ogni giorno, in giusta quantità, o l’allenamento sportivo fatto quotidianamente, qualche volta anche controvoglia. I testi odierni suggeriscono addirittura di pregare con insistenza, fino a “stancare” Dio, come fa il protagonista della parabola raccontata da Gesù e come fa Abramo di fronte alla distruzione di Sodoma e Gomorra: non si arrendono.

Il vertice della preghiera è il Padre nostro. Insegnato personalmente e ripetutamente da Gesù (così probabilmente si spiegano le diverse versioni di Matteo e Luca) è la sintesi del suo messaggio su Dio e sul credente. Dio è un Dio vicino, come lo è un padre ai suoi figli, attento e sensibile ai loro bisogni, nonostante sia il Dio del cielo, il Santo. Questo Dio ci chiama a superare noi stessi, a entrare nella logica del regno, a fare la sua volontà. Poi però è anche estremamente concreto, preoccupato che noi abbiamo da mangiare, che sappiamo perdonare, che non ci lasciamo vincere dal Male. Tutto questo è possibile se c’è un’intimità profonda e continuativa con questo Padre. Così viveva Gesù; così possiamo vivere anche noi, cercando sempre la comunione con Dio, dedicandogli del tempo, chiedendogli che prenda il giusto posto nelle nostre esistenze umane.

Lidia e Battista Galvagno

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