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Il latino non è un’eredità scaduta ma uno strumento per il presente

LETTERE AL GIORNALE La recente inchiesta Non è una lezione per giovani, i cui risultati sono apparsi su Gazzetta d’Alba del 12 novembre, torna a puntare il dito, fra le altre cose, sul latino, una materia «da eliminare» in una scuola «al passo dei ragazzi». La ragione? Non è l’unica disciplina a sviluppare la logica; altre materie, più attuali, potrebbero farlo meglio al suo posto, e in aggiunta sarebbero più spendibili nel mondo di oggi. L’accusa non è nuova e non è nemmeno l’unica rivolta, in tempi recenti e non, al latino. L’idea è che una scuola moderna non possa ospitare ancora questo “vecchiume” e che, finché ci sarà il latino, la scuola sarà all’antica, arroccata su un mondo obsoleto di declinazioni e guerre di Gallia.

È proprio così? No. Noi che lo insegniamo non consideriamo il latino un’eredità scaduta, neanche a fronte di una più moderna «elaborazione delle informazioni espresse anche in forma grafica», come suggerisce un lettore propenso a sbarazzarsi di Cesare e Catullo per fare spazio a qualcosa di più attuale.
Lo sappiamo bene: il latino non è innocente. Il latino ha molte colpe. Ha la presunzione di obbligarci a pensare che la semplicità sia adatta a un Sms, a un tweet (non si può messaggiare come se arringassimo contro Catilina); ma che da uomini e cittadini possiamo, e in certi momenti dobbiamo, articolare discorsi più complessi, smontare pregiudizi e fake news.

Ci forza a ricordare che parole come amicizia, Stato, felicità, virtù, uomo, resistenza – per sceglierne solo alcune – non sono un’invenzione recente e che il significato che noi diamo o abbiamo dato in passato a questi termini si è formato nel confronto con l’uso che ne avevano fatto Cicerone, Seneca, Orazio e tanti altri “vecchietti” del bel tempo antico. Che ci preparano anche a condividere emozioni e ad affrontare dolori, perché riflettono sulla complessità del reale e su come affrontarla.

Ci costringe a non dimenticare che la nostra tradizione letteraria, la nostra stessa lingua comune – nate molto prima dell’Italia unita e ineliminabili dalla nostra identità – si sono sviluppate nel contatto costante con i modelli antichi. Dante scelse Virgilio come il più autorevole maestro di viaggio, non una guida capace di elaborare delle informazioni espresse con un diagramma.

Ecco: un latino ben fatto, cioè ben insegnato, ha tutte queste colpe. Se siamo così contrari a un’istruzione e a un’educazione al passo con i tempi, ciascun lettore lo giudichi da sé.

I dipartimenti di lettere dei licei classico e scientifico e del Da Vinci di Alba

Lingue morte? No, solide radici

Cari redattori di Gazzetta d’Alba, da studentessa dell’indirizzo tradizionale del liceo scientifico Leonardo Cocito sono rimasta colpita dall’articolo intitolato “Basta latino! E più educazione civica e sport”, pubblicato sul numero del 12 novembre. Innanzitutto trovo che il titolo sia fuorviante: si tratta di un riassunto delle opinioni di tre lettori diversi, che propongono soluzioni originali per colmare le lacune del nostro sistema scolastico; non è ben chiaro, però, sulla base di quali qualifiche possano criticare un ambiente di cui probabilmente non sono parte, al contrario degli studenti interpellati poche righe più sopra, che verosimilmente avrebbero potuto proporre soluzioni più realistiche.
Oggigiorno si tende (giustamente) a privilegiare l’insegnamento delle lingue più parlate, come il cinese o l’inglese, ma non bisogna dimenticare che ogni lingua trova le sue radici in un idioma “morto”. Per concludere, ritengo che, nonostante siano spesso vittime di titoli elaborati ad hoc per catturare l’attenzione del lettore, le lingue e le culture classiche debbano essere considerate sotto una luce diversa: non come l’inutile riesumazione di un tempo troppo lontano e dimenticato, ma come le solide radici del nostro essere, di contro a chi, sempre più frequentemente, cerca di non considerare (o addirittura di screditare) l’importanza della storia.

Anna Bona, quinta A, liceo Cocito, Alba

Le due lettere qui pubblicate seguono quella del numero scorso, scritta da studenti del Cocito. Tutte fanno riferimento a un sondaggio di Gazzetta. Al di là del titolo di uno degli articoli (che recitava: Basta latino!), andrebbe colto il valore complessivo dell’inchiesta, che sottolineava le difficoltà della scuola nell’essere al passo con i tempi: con o senza latino. g.t.

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