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Abitare il piemontese, questa settimana, ci dice di non avere Tëmma

Abitare il piemontese: la parola della settimana è Possacafé 28

TËMMA Timore, rispetto, devozione, paura, apprensione.

Ammettiamolo, ognuno declina le parole come sa, spesso e volentieri ritenendole sufficientemente chiare e comprensibili. Frequentemente rinunciamo a pesarle e ci lasciamo guidare dall’abitudine o dall’immagine in cui le abbiamo trasformate dentro di noi. Proviamo questa settimana a liberare dalla crosta l’espressione piemontese tëmma (con quella ë quasi muta).

Davide, amico e attento lettore della rubrica, esclama: «Ho una parola da suggerirti. Senti, ha anche un bel suono: tëmma». L’entusiasmo della proposta non mi ha fatto esitare e ho preso in esame il ben noto sostantivo. Il Repertorio etimologico piemontese riporta la voce come panromanza proveniente dal latino timere, ovvero temere, provare paura (anche se i sinonimi tendono a depistare poiché originati da altre radici, immagini e stati d’animo). Avèj tëmma, significa avere una paura che sfocia nel timore inteso come rispetto e soggezione, caratteristica dei ben educati che hanno una consapevolezza sulle relazioni e sulla convivenza sociale. Al contrario, quando una persona è spudorata o inopportuna si dice che a r’ha gnun-e tëmme, non ha affatto timore, anzi, il volto gli viene paragonato alla spavalda latta, la famosa ghigna ed tòla. Quando poi un tizio è in continua apprensione di sbagliare o ha soggezione di qualcuno (un parente, un collega o addirittura Dio), si dice che sia temmorà (timorato), un timore forse a più ampio raggio che nella lingua italiana.

La parola di oggi è anche un’esclamazione tipica, la cui formula si avvale di una negazione: tam nan (oppure tem nen), che letteralmente significa non temere, non preoccuparti; tam nan ch’it fan gighé (stai certo che ti fanno giocare). La stessa tëmma è l’atteggiamento con cui cerco di affrontare la rubrica: cautela, gratitudine, beneficio del dubbio, rispetto e devozione. Il naturale compromesso per lavorare, anche qui, con le emozioni e quindi con le persone.

Paolo Tibaldi

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