ABITARE IL PIEMONTESE Adèss e baicoma e peu voghima (adesso guardiamo e poi vediamo): ecco una chiara perifrasi che sostituisce un bel No, non mi interessa! Il senso della vista è spesso anche metafora d’intuizione; si dice Hai visto lungo! per dare ragione a chi aveva intuito un avvenimento in tempi non sospetti o ha saputo leggerne acutamente un particolare. Esistono vocaboli apparentemente sinonimi, ma che invece arrivano da etimi e significati diversi. Così come facile non è sinonimo di semplice, anche guardare non è sinonimo di vedere.
Questa settimana parliamo del verbo beiché o baiché, a seconda della zona. Le sfumature del verbo, così come i suoi esempi, sfiorano l’infinito; ce lo ricorda bene il vocabolario Rastlèiȓe curato da Primo Culasso e Silvio Viberti. Per intendere uno sguardo malevolo si dice beiché ëd brut o ëd tȓavèrs. Quando si accudisce un infermo diciamo et bèichi ij maȓàvi; lo stesso per il bestiame, bèiché ëȓ bes-ce. Non meno usata è l’esclamazione stupefatta beica màch! o quando si risponde a un ficcanaso con un sonoro bèich-te ij tò afé! (guarda i tuoi affari). Torna utile una suggestione di qualche puntata fa: quando un piemontese dice in italiano guardate di guadagnare, altro non è che la trasposizione di beiché ëd vagné, cercate di vincere!
Chi parla o capisce il piemontese sa il significato, ma perché una parola così diversa dalla sua traduzione italiana? Il verbo voghe un po’ somiglia al corrispettivo italiano vedere, così come svacé è riconducibile a spiare. Perché invece per guardare si dice beiché? Qualcuno lo accosta a un etimo germanico blicken (guardare), ma secondo altri la famiglia lessicale è connessa con il verbo latino batare (spalancare la bocca), probabilmente di origine onomatopeica. Sulla base dell’accezione a bocca aperta si motivano i diversi significati sviluppati, tra cui fare attenzione e di conseguenza badare attentamente. Sapete quando si dice patì er bèich? (patire nell’essere guardati o comunque non reggere lo sguardo). Nel racconto La Malora, Beppe Fenoglio esprime così questo stato d’animo: «C’era una cosa che non mi riusciva di fare, ed era guardare in faccia i ragazzi d’Alba che all’occhio mi sembravano della mia età; li vedevo avvicinarsi ma nell’incrociarli era più forte di me, dovevo chinare gli occhi, per poi voltarmi a guardarli una volta passati».