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Abitare il piemontese: la parola di questa settimana è Cogé (pronuncia: cugé)

Vuol dire: coricare, accucciare, mettere a letto, sottoscrivere un contratto.

Bozza automatica 305

ABITARE IL PIEMONTESE È raro che una persona piemontese dichiari vagh a deurme (vado a dormire). È più probabile che dica vagh a cogeme (vado a coricarmi). Effettivamente il verbo dormire è molto meno contemplato e pronunciato di coricarsi: Nosgnor o tò àso o ‘s cogia (Signore, il tuo asino si corica). Lo stesso accade parlando dello svegliarsi: si dice calé giù (scendere giù), non solo perché si scende dal letto, ma anche perché nelle cascine di campagna la camera da letto era al primo piano. Svegliarsi significava soprattutto scendere al piano terra per cominciare la giornata lavorativa. Insomma, l’individuo piemontese non dorme (non sia mai detto!), va soltanto a coricarsi. Ecco perché parliamo del verbo cogé (cogesse, nella forma riflessiva).

L’etimologia è individuata nel latino collocare (distendere), composto di cum (con) e locum (luogo), con desinenza verbale. Cogé (pronuncia: cugé) indica l’azione di coricare (qualcosa o qualcuno), accucciare, mandare a letto o a cuccia, fino a significare la sottoscrizione di un contratto con firma estesa. Vate cogé ch’ët tacon-o, si diceva un tempo quando per rammendare un abito occorreva andare a letto nell’impossibilità di sostituirlo. Ora si usa per mandare in malora. La stessa esclamazione è anche il titolo di una rivista satirica del primo Novecento.

Cogesse significa anche ammalarsi: son quindes dì ch’o ȓ’è cogià (sono quindici giorni che è coricato o ammalato, sottintendendo che la causa sia l’infermità). Gli ambiti di utilizzo del verbo sono dunque vari: ȓa pieuva a r’ha cogià ‘ȓ gȓan (la pioggia ha piegato il grano); cogé ‘ȓ vì (sotterrare le viti); cog-te! (vai a dormire!); cogesse a pansa mòla (coricarsi a pancia in giù); o so’ o ȓ’è cogiàsse dré daȓ montagne (il sole è tramontato dietro le montagne, tipico tramonto piemontese); si doi là van a cogesse ‘nsem (quei due vanno a letto insieme). In un tempo di matrimoni combinati, se uno dei due coniugi avesse manifestato ai genitori il disappunto nei confronti del consorte, la risposta più comune era: s’ot piàs nen ët cogi davsin, se non ti piace ti ci corichi vicino (come a dire che non è il caso di fare tutto il resto). Il modo di dire si è esteso in altri ambiti: quante volte mia mamma ha sentenziato con quella stessa frase quando da più piccolo osavo cominciare la frase vietata non mi piace.

Paolo Tibaldi

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