Abitare il piemontese: la parola di questa settimana è Gavé

Vuol dire: togliere, sottrarre, levare, estrarre, cavare, rimuovere, spostare.

Abitare il piemontese: la parola della settimana è Ciamé

ABITARE IL PIEMONTESE Sapete quando si dice che chi dorme non piglia pesci? Anche il piemontese vanta la propria versione: chi o ‘s gàva ȓa seugn, o ‘s gàva nen ȓa fam (chi si toglie il sonno, non si toglie la fame). La parola di questa settimana è gavè, famiglia lessicale derivata dal latino cavare (scavare), denominale di cavum (vuoto, cavità). Gli ambiti di utilizzo della parola sono sconfinati. Dall’esclamazione gav-te! (spostati!), fino all’esortazione verso qualcuno che deve darsi una mossa: gav-te ȓa nàta! o gavesse ȓa pau (levarsi la paura) oppure ra veuja (la voglia). Gavessȓa significa letteralmente togliersela, inteso come cavarsela, riuscire bene in qualche circostanza. Gavé ‘ȓ trifoȓe è un’azione tipica di questi giorni: estrarre i tartufi dal terreno. Gavesse ‘n balin significa togliersi un pallino, uno sfizio. Quando qualcuno chiede ët sei gavàte ȓa pì gȓòssa? (ti sei tolto la più grossa?), l’oggetto sottinteso è la fame.

Il lessico piemontese annovera una serie di parole composte che vedono protagonista il verbo di oggi. Il gavadent è il dentista, il gavoȓ è il cavatore (quarta delle operazioni tipiche della panetteria (gli altri tre sono statoȓ, tajoȓ, coreuȓ), il gavamace è il confessore. In ambito strumentale abbiamo il gavanàte (cavatappi), il gavabȓòche (strumento per rimuovere i chiodi), fino al gavabàle: niente di ambiguo, si tratta di uno attrezzo militare utile a rimuovere le palle dall’archibugio. Se il gav è lo scavo, la gavàda è una sciocchezza, una fesseria. L’evoluzione del significato parrebbe analogo a quello di tampa (fossa, buca), ma anche (varione, figuraccia).

L’ospitalità piemontese contempla la frase gavé o dëstuȓb (togliere il disturbo), pronunziata anche quando il padrone di casa si accorge che l’ospite sta per congedarsi: gav-ti già o dëstuȓb? (togli già il disturbo?). Non che ospitare sia un disturbo, ma nella nostra educazione esiste questa formula, comunque di cortesia. Chi se ne va toglie l’incomodo, sebbene non disturbi affatto. Per gli amanti della stoccata finale, ecco una perla: ‘n ciò da ‘ndȓinta na ro’ e ij sòd da ‘n sacòcia a ‘n pȓeve, i-i è gnun bon a gaveje (un chiodo da dentro una quercia e i soldi dalle tasche di un prete, nessuno è in grado di toglierli).

Paolo Tibaldi

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